E’ cambiato il percorso giudiziario per Antonio Rizza e Danilo Briante, indicati dai magistrati della Dda di Catania, come i capi del traffico di droga nella zona dell’ex Tonnara di Santa Panagia. Per gli inquirenti, i due avrebbero dato ordini sulle dosi giornaliere da consegnare agli spacciatori “organizzati in veri e propri “turni di lavoro”, in modo tale da garantire le cessioni di stupefacente senza soluzione di continuità durante l’arco dell’intera giornata”.
Fine processo per Rizza
Il processo è in secondo grado ma si è già concluso per Rizza che ha concordato una pena pari a 18 anni e 6 mesi di reclusione (in primo grado era stato condannato a 24 anni) mentre Danilo Briante, assistito dagli avvocati Licinio La Terra Albanelli e Junio Celesti, è in attesa della sentenza dei giudici della Corte di Appello di Catania.
Richiesta meno pesante per Briante
Il pm, al termine della sua requisitoria, ha chiesto una condanna a 20 anni e sei mesi di reclusione, contro i 28 anni rimediati in primo grado. Altri imputati hanno deciso, come Rizza di concordare la pena, resta in sospeso la posizione dell’imprenditore Gaetano Maieli, il pm ha prodotto ai giudici una misura di prevenzione patrimoniale antimafia emessa nei confronti di Maieli dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Catania.
In particolare, secondo gli inquirenti, avrebbe accumulato proventi illeciti derivanti dallo spaccio di sostanze stupefacenti e con questi, nella tesi delle forze dell’ordine, avrebbe avviato un’attività di ristorazione nella zona del Santuario della Madonna delle Lacrime, a San Giovanni.
Il ruolo di Maieli per l’accusa
L’iniziativa del pm in occasione dell’udienza delle ore scorse davanti ai giudici della Corte d’Appello di Catania ha l’obiettivo di aggravare la situazione dell’imprenditore siracusano, accusato di essere stato tra i promotori di un vorticoso traffico di droga che aveva nel complesso di palazzine a ridosso dell’ex Tonnara di Siracusa il quartier generale.
I prestanome
Secondo i finanzieri, l’imprenditore siracusano avrebbe affidato la gestione del locale alla sua compagna e ad un’altra persona con quest’ultima che avrebbe ricoperto il ruolo di prestanome.






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