Spunta il nome dell’oncologo trapanese Filippo Zerilli nelll’inchiesta sulla rete che ha protetto Matteo Messina Denaro che ieri ha portato a tre arresti, tra cui quello del tecnico radiologo dell’ospedale di Mazara del Vallo Cosimo Leone, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Leone avrebbe fatto fare una tac in tempi record al boss malato di cancro, e gli avrebbe poi consegnato, mentre il boss era ricoverato, il cd di una Tac fatta il 10 novembre del 2020 sotto falsa identità.
Il dischetto, poi mostrato all’oncologo, è stato trovato e sequestrato all’interno del covo di Campobello di Mazara dopo la cattura del capomafia. Zerilli – l’indiscrezione sull’indagine a suo carico uscì subito dopo l’arresto del boss – sarebbe dunque tra i medici che incontrarono il latitante. Quello delle cure sanitarie a cui Messina Denaro è stato sottoposto dalla diagnosi del tumore a novembre del 2020 alla cattura avvenuta alla clinica Palermitana dove si sottoponeva alla chemioterapia, è uno dei filoni su cui si concentrano le indagini del Ros e dei pm palermitani. E Leone sarebbe stato una pedina centrale “nel delicatissimo snodo del percorso terapeutico del latitante, ovvero la prima visita oncologica e l’avvio dell’iter diagnostico-terapeutico”, mostrando “pronta e sicura affidabilità nel fare da sponda alle esigenze del latitante, quale nel caso concreto il ritiro del Cd della Tac e la consegna al latitante”.
Spunta una nuova donna nella vita di Matteo Messina Denaro, una trapanese che avrebbe frequentato il capomafia nell’ultimo periodo della latitanza. E’ l’ennesima presenza femminile nell’esistenza del padrino di Castelvetrano che, nonostante la vita alla macchia, ha continuato ad avere numerose frequentazioni. La circostanza emerge dall’ultima indagine della Procura di Palermo che ieri ha portato all’arresto di tre fiancheggiatori del capomafia: l’architetto Massimo Gentile, il tecnico radiologo Cosimo Leone e l’operaio Leonardo Gulotta.
La donna, che a luglio scorso si è presentata spontaneamente ai carabinieri fornendo importanti riscontri investigativi, ha raccontato di aver conosciuto nel 2015 il capomafia di cui, però, avrebbe ignorato la vera identità. I due si sarebbero frequentati negli anni successivi. La testimone ha confermato che Messina Denaro andava in giro con una moto “tipo enduro di colore bianco” che, secondo i pm, sarebbe la Bmw acquistata per conto del boss da Gentile nel 2007. Nel cellulare sequestrato il giorno della cattura del padrino di Castelvetrano sono risultati, dalle analisi dei carabinieri, 33 contatti telefonici con l’utenza in uso alla donna solo nell’ultimo periodo della latitanza.
Ancora oggi, a distanza dì pochi mesi dalla morte di Matteo Messina Denaro, una totale omertà “avvolge come una nebbia fittissima tutto ciò che è esistito intorno alla sua figura, ai suoi contatti, ai suoi spostamenti ed alle relazioni che ha intrecciato nei lunghi anni di clandestinità”. E’ la dura accusa lanciata dalla Procura di Palermo guidata da Maurizio de Lucia che indaga sulla rete di fiancheggiatori del boss. Oggi ne sono stati arrestati altri tre.
“Si tratta di un’omertà trasversale – spiegano i magistrati – che di fatto, allo stato, ha precluso agli inquirenti di avere spontanee notizie anche all’apparenza insignificanti: nessun medico, operatore sanitario o anche semplice impiegato di segreteria che abbia avuto contatti con Messina Denaro Matteo (alias Bonafede Andrea), ha ritenuto di proporsi volontariamente per riferire ai magistrati o alla polizia giudiziaria di essersi occupato, a qualsiasi titolo, del latitante o comunque rivelare quanto appreso direttamente, o anche solo indirettamente, sulle cure prestate all’importante capo mafia”.