Fino a quattromila euro pretese dagli stranieri per un attestato di regolarizzazione del lavoro che in realtà poi risultava falso. Tutto per ottenere un permesso di soggiorno irregolare. I Carabinieri della Compagnia di Alcamo hanno eseguito un’ordinanza applicativa della misura cautelare del divieto di dimora nel comune di Alcamo, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Trapani, a carico di quattro persone gravemente indiziate a vario titolo, dei reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, falsità ideologica commessa per induzione dal pubblico ufficiale in atti pubblici, estorsione e falsità materiale commessa dal privato.

L’indagine dei Carabinieri di Alcamo

L’indagine dei Carabinieri della Compagnia di Alcamo, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trapani, trae origine dalla denuncia presentata nel settembre del 2021 da un cittadino straniero, il quale dichiarava di aver consegnato una consistente somma di denaro nelle mani di alcuni italiani, in cambio della presentazione di una domanda di regolarizzazione del rapporto di lavoro, rivelatasi poi fittizia, finalizzata al conseguimento di un titolo di soggiorno.

Datori di lavoro ignari di aver “assunto” extracomunitari

Gli accertamenti svolti dai Carabinieri hanno permesso di acclarare che gli indagati, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità di 14 stranieri, avrebbero favorito la loro permanenza nel territorio italiano, instaurando una pratica di emersione da lavoro irregolare fondata su fittizi contratti di assunzione dei predetti stranieri all’insaputa dei loro datori di lavoro e facendosi consegnare una somma di denaro (fino ad un massimo di 4.000 euro) al fine di consentire al cittadino extracomunitario, altrimenti privo dei requisiti, di ottenere il rilascio del permesso di soggiorno.

Coinvolti dipendenti dei patronati

Nell’operazione  sarebbero stati coinvolti anche i dipendenti di alcuni patronati cosa questa che semplificava loro l’ottenimento di questi attestati su premesse false. A due dei quattro indagati è stato, infatti, notificato inoltre il divieto di esercitare l’attività di impiegato presso patronati ed enti che si occupano di consulenza del lavoro e della materia dell’immigrazione per la durata di un anno.