Sembrava avviato a una carriere folgorante dentro Fratelli d’Italia. E’ invece è rimasto impigliato nelle lotte interne di un partito lacerato in Sicilia da inchieste e scontri fra correnti.
L’ex assessore al Turismo Manlio Messina ha accusato Fratelli d’Italia di utilizzare due pesi e due misure nella gestione del caso Cannes (che lo riguarda) e delle inchieste che coinvolgono il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno e l’assessore al Turismo Elvira Amata.
“Pur non essendo indagato nel procedimento che ha coinvolto altri esponenti di FdI – ha detto Messina – ho potuto registrare un lento, ma costante, processo di emarginazione. Un atteggiamento che non mi so spiegare, specie se messo a confronto con quello riservato ad altri esponenti di Fratelli d’Italia, protagonisti di vicende ben più gravi della mia». Il riferimento è a Galvagno, per il quale a Roma l’ala che fa capo a La Russa sta facendo muro arginando altre correnti che sarebbero più propense a provvedimenti disciplinari. E infatti Messina accusa FdI di aver perso la linea garantista: «Le mie preoccupazioni sul garantismo, lungi dal rappresentare una pretesa di immunità o difesa incondizionata, rappresentano un tema politico”. Poi un avviso agli ex compagni di partito. “Nel mio caso nel partito c’è stato spazio per il dubbio sulla legittimità della mia condotta o che la tutela dell’immagine di Fratelli d’Italia debba, a correnti alterne, sempre prevalere sul principio del garantismo o sul sacrificio dell’interesse del singolo. E ciò che è capitato a me potrà presto accadere a qualcun altro”.
Messina già in inverno lasciò il ruolo di vice capogruppo alla Camera, dopo aver difeso pubblicamente il deputato regionale Carlo Auteri, accusato a sua volta di aver finanziato all’Ars associazioni teatrali riconducibili alla sua famiglia. Più recentemente, avvertendo di essere stato scaricato dai meloniani, Messina ha abbandonato il partito. Mentre Galvagno e la Amata hanno scelto di sottoporsi al giudizio dei probiviri. Un passaggio che ha permesso a FdI a Roma di attuare la strategia dell’attesa: i meloniani non prenderanno decisioni sugli indagati almeno fino all’eventuale rinvio a giudizio. Ma il partito resta spaccato sulla gestione delle inchieste.






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