Ci sono storie che andrebbero lette lentamente, come si beve un bicchiere d’acqua fresca dopo una lunga camminata sotto il sole. Storie che, al di là di ogni retorica, riconciliano con il senso di giustizia e umanità. Una di queste arriva da un piccolo comune italiano e viene raccontata dal sindaco in persona, Francesco Iarrera, attraverso un post pubblicato sul suo profilo Facebook.

È una vicenda che ha per protagonista W., un giovane ospite di un centro d’accoglienza. W. trova per strada un gruzzolo di banconote, e la scelta che compie lo colloca con fermezza dalla parte di chi, anche quando nessuno guarda, sceglie la rettitudine. Ma non è solo un gesto di onestà: è un messaggio potente, che interroga le coscienze e smonta pregiudizi.

A rendere ancora più significativa questa storia è anche la sensibilità con cui il Sindaco ha deciso di condividerla. Le sue parole non sono quelle fredde di un comunicato istituzionale, ma il racconto autentico di un uomo che sa riconoscere il valore umano prima di quello politico. In un tempo in cui troppo spesso si getta benzina sul fuoco delle paure, Iarrera ha acceso un faro sul lato migliore delle persone. Ha scelto di dare voce, dignità e visibilità a chi non ha titoli, ma ha una coscienza limpida.

Il post del sindaco, che riportiamo integralmente, ha già toccato il cuore di migliaia di persone:

“Un ragazzo del nostro centro d’accoglienza ha trovato per strada un gruzzolo di banconote tenute insieme da un elastico, senza alcun indizio per risalire allo sfortunato proprietario.

Non una cifra che ti cambi la vita, ma una giornata sì.

Soprattutto se la tua vita è scattata dalla parte sbagliata del mare e sei dovuto salire su una barca mezza sfasciata, carica di speranza di poter ricominciare tutto da capo. Come nei videogame, quando le cose andavano male e tu resettavi per avere tutte le vite disponibili.

Novantanove persone su cento, di fronte a quel tesoretto, si sarebbero guardate intorno e infilato in tasca.

Ma no W. Lui rappresenta quell’uno per cento a cui è stata affidata una missione: dare gambe e faccia alla parola “onestà”: un faro interiore che ti orienta anche quando nessuno ti vede, un istinto che ti trascina verso ciò che è giusto, senza premi né minacce.

Eppure W. avrebbe avuto tutto il diritto di considerare quel malloppo come la prima rata di un risarcimento del destino; un rimborso dell’universo per tutto ciò di cui lo ha privato dalla nascita.

“W., ma perché lo hai fatto?”. Ed è qui che la faccenda mette a dura prova le emozioni. “Io non vuole che la gente pensa che rubato perché nero. Io lavora, padrone a me paga”.

Se volevate scoprire che forma ha la dignità personale, l’avete appena vista.

A fine settembre W. tornerà ad essere un disoccupato, che sa fare tante cose e tutte bene. Ma se qualche ditta volesse un uomo su cui contare, questa è la sua vera storia, che ne svela l’essenza, meglio di una relazione psicologica.”

Le parole di W. colpiscono come un pugno allo stomaco. In poche frasi, ribalta uno dei luoghi comuni più radicati e lo fa con una semplicità disarmante: “Io non vuole che la gente pensa che rubato perché nero.” Non è solo onestà, è fierezza, è dignità, è consapevolezza del proprio valore.

Oggi W. è in cerca di un lavoro. Ma forse, dopo questa storia, sarà più facile trovarlo. Perché ci sono qualità che nessun curriculum può descrivere, e che invece, come in questo caso, emergono attraverso un gesto semplice, ma straordinario.

E grazie anche a chi, come il Sindaco Francesco Iarrera, decide di raccontarle queste storie. Perché non basta che esistano: devono essere viste, ascoltate, condivise. È così che si costruisce un esempio, è così che si educa al rispetto.

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