“Abbiamo saputo della morte della nostra amata Rosa solo dopo 13 ore dal suo decesso e non da parte dei medici che l’avevano in cura”. E’ ancora sconvolto Giusto Santoro per la perdita dell’amata Rosa Bua di 62 anni nel ripercorrere le ultime 48 ore.

“Ho chiamato venerdì sera il 118 – racconta Santoro – Rosa stava male non riusciva ad alzarsi. Sono arrivati i sanitari e l’hanno portata all’ospedale Civico. Il ricovero al pronto soccorso. Tutti i controlli e poi il trasferimento in terapia intensiva al quarto piano. Per parlare con un medico non è stato facile. Alla fine ci sono riuscito. Mi è stato detto di presentarmi l’indomani, sabato alle 13 per avere notizie. Rosa aveva delle patologie, ma era seguita a Padova dove si recava due volte l’anno e poi al Cto a Palermo. Lo scorso 12 agosto l’ultimo controllo, stava bene. Nessuno di noi avrebbe mai immaginato un epilogo così repentino”.

Sabato è stata una giornata che difficilmente sarà dimenticata. “Alle 13 mi sono presentato in reparto – racconta Santoro – Ho chiesto notizie di Rosa Bua. Non ho ricevuto fino a quel momento nessuna telefonata o notizia della paziente ricoverata. I medici mi hanno risposto che non avevano nessun paziente ricoverato con quel nome e cognome. Ho fatto il giro dei reparti di terapia intensiva ma nulla. Solo verso le 15 una persona, non un medico ha fatto una telefonata. Ho capito subito che era successo qualcosa di brutto. La persona davanti a me è diventata pallida. “Le devo dare una triste notizia, la paziente è morta nella notte ed è stata portata in camera mortuaria”.

Di corsa il congiunto è andato in camera mortuaria e qui ha trovato Rosa dentro un sacco con il nome scritto in un cartellino adagiato sulla lastra di marmo. “Una scena che non dimenticherò più. Racconto questa vicenda perché Rosa non meritava tutto questo per l’amore che ha dato durante tutta la sua vita. Voglio dire ai vertici delle aziende sanitarie e ai politici che Rosa non è un sacco da adagiare su una lastra di marmo. Negli ospedali bisogna cambiare le procedure. Ci vuole più umanità e più empatia. In momenti di profonda sofferenza i parenti non possono essere abbandonati e lasciati senza alcuna notizia”. L’ulteriore beffa di questa vicenda arriva poco dopo. “Attorno alle 15 quando mi trovavo davanti al corpo di Rosa mi chiamano i carabinieri della stazione Oreto per riferirmi il suo decesso e che l’ospedale non riusciva a mettersi in contatto con me – conclude Santoro – Il paradosso quasi quasi mi dovevo giustificare con i militari. Assurdo”.

L’azienda Civico precisa che “il medico di guardia della terapia intensiva già durante la serata, constatando l’aggravarsi della paziente ha cercato invano di contattare con molteplici telefonate i familiari, chiamandoli al numero di telefono dagli stessi fornito. Non essendo stato possibile rintracciarli ed essendo nelle more intervenuto il decesso, il sanitario ha chiamato i carabinieri. Gli stessi si sono recati presso il domicilio indicato dai parenti non riuscendo a rintracciarli e sono poi tornati in ospedale riferendolo al medico”.