Sicura, buona e sostenibile. L’acqua pubblica di Palermo passa l’esame con lode, secondo i dati scientifici presentati oggi presso l’Ex Noviziato dei Crociferi nell’ambito del progetto H2Oh! La verità sull’acqua pubblica a Palermo”.

L’iniziativa, promossa dall’associazione “neu [nòi] – spazio al lavoro APS” e sostenuta da PuntoSud, con il contributo dell’Unione Europea e di Fondazione Cariplo, ha coinvolto per oltre sei mesi centinaia di cittadini in un percorso di informazione, analisi e consapevolezza sull’acqua del rubinetto.

Le analisi chimiche e batteriologiche eseguite su diciotto campioni prelevati da fontanelle pubbliche, rubinetti domestici e acque minerali a confronto, hanno confermato la piena potabilità dell’acqua pubblica. “Tutti i campioni risultano potabili e privi di microrganismi – ha spiegato il professore Alessio Terenzi, ordinario di fisica – e offrono un’alternativa valida e sostenibile rispetto alle altre acque”.

Microplastiche, filtri e fake news: serve trasparenza

A fronte di una qualità garantita dell’acqua pubblica, il progetto ha acceso i riflettori su falsi miti e pratiche che danneggiano l’ambiente o la salute. Le bottiglie di plastica, ad esempio, contengono spesso microplastiche e le caraffe filtranti possono favorire colonie batteriche. Il vero bersaglio critico del progetto sono, però, i filtri a osmosi inversa (RO), sempre più diffusi e persino incentivati: “Eliminano minerali utili all’organismo e sprecano fino a quattro litri d’acqua per ogni litro filtrato”, si legge nel comunicato.

Anche l’idea che l’acqua pubblica, “ricca di calcare”, sia dannosa per i reni viene smentita con forza: “Un recente studio, pubblicato sull’International Journal of Surgery, che ha valutato 10.250 soggetti per 20 anni, ha dimostrato che esiste una relazione inversa significativa tra consumo di acqua del rubinetto e formazione dei calcoli. Quindi più acqua del rubinetto si consuma, meno calcoli renali si formano – ha dichiarato la professoressa Caterina Carollo della Cattedra di Nefrologia dell’Università degli Studi di Palermo – Al contrario, lo stesso studio dimostra che non c’è nessun effetto protettivo da parte dell’acqua imbottigliata”.

Un passo verso una gestione urbana dell’acqua più sostenibile

Oltre alla ricerca scientifica, H2Oh! punta a costruire fiducia. Il progetto ha ricevuto particolare attenzione dalle donne over 50, che hanno colto nel cambiamento non solo un atto ecologico, ma anche un sollievo fisico e logistico. “Il loro interesse – dice Michelangelo Pavia, responsabile del progetto – è mosso oltre che da una preoccupazione per i rischi sulla salute anche dalla ricerca di una soluzione al gravoso carico fisico del trasporto delle casse d’acqua e dello smaltimento della plastica”.

Tuttavia, per trasformare questa fiducia in abitudine, serve più trasparenza da parte dell’ente gestore: “Attualmente, la ‘Carta d’Identità dell’Acqua’ sul sito istituzionale risale al 2016 e le analisi delle fontanelle pubbliche sono ferme al 2021. Il progetto H2Oh! fornendo dati scientifici indipendenti, ha voluto colmare l’attuale gap informativo. Chiediamo che i dati vengano pubblicati con chiarezza e con precisi riferimenti temporali e spaziali”.

Presente all’incontro anche Pietro Alongi, assessore alle Politiche Ambientali del Comune di Palermo: “H2oh! sfata un mito difficile da scardinare presso l’opinione pubblica e cioè che l’acqua pubblica seppure potabile, è meglio non berla. Questo non è vero! […] Mi stupisce non poco che oggi a questo interessantissimo confronto manchi proprio AMAP”.

Dal confronto con la Quarta Commissione Consiliare è già emersa la volontà di trasformare H2Oh! in una proposta strutturale di pianificazione urbana sostenibile, in vista della redazione del nuovo PUG di Palermo.

L’associazione “neu [nòi]” ha protocollato due proposte: fitodepurazione per il riuso delle acque reflue e impianti idrici separati negli edifici. “È un paradosso ecologico e culturale che nelle nostre case si tiri lo sciacquone del bagno con acqua potabile”, conclude Pavia. “Parlare di acqua significa occuparsi del futuro dei territori agricoli e delle città”.

Il report finale sarà consegnato alle istituzioni per avviare un dialogo continuativo e operativo. L’obiettivo è chiaro: trasformare l’acqua pubblica da oggetto di sospetto a leva concreta per il cambiamento ambientale e sociale della città.