Giovanni Pizzo
Ex assessore della Regione Siciliana, scrivo su vari quotidiani. Laureato in economia e commercio
Al di là delle ragioni amministrative, oltre l’accusa di un uomo di centrodestra quale Manlio Messina sulla incapacità di spesa del Pnrr, senza parlare delle prese di posizione del vice presidente della Camera Giorgio Mulè, la vicenda governo regionale, in crisi lapalissiana, sfida la logica della politica.
Perché ritirare le deleghe a due assessori in quanto facenti parte di una realtà moralmente compromessa, di fatto massacrando la dignità minima di una forza politica che lo ha votato, e poi riceverli per avere il loro consenso leale come singoli deputati è qualcosa di lontano dalla logica politica.
Bisogna dare ragione a Raffaele Lombardo, il quale aveva suggerito un azzeramento generale, chi è senza peccato scagli la prima pietra, e la composizione di un governo tecnico nuovo, capace di discontinuità. La logica della politica è questa, fare analisi della crisi, non è la prima e non sarà l’ultima, e poi fare una sintesi politica che cerchi di dare risposte e rassicurare i cittadini che a volte, non tutti e non sempre, coincidono con il corpo elettorale. In questo momento mancano meno di due anni alla scadenza della legislatura, c’è una sanità da rifondare e una doppia spesa europea, ordinaria e da Pnrr, da rendicontare, perché il rischio di perdere risorse è reale. Non è una logica punitiva dei “discoli”, assessori e dirigenti, peraltro parziale, che motiva le truppe per finire con dignitosi risultati la legislatura. Perché da che mondo è mondo il PIL lo fanno le imprese non la politica, come giustamente dice Giorgetti. Il compito della politica è spendere bene, e non disperdere in mance, i fondi pubblici e migliorare i servizi a cittadini e imprese. Siamo certi che dopo questa situazione la macchina regionale parta come un treno, che i dirigenti siano motivati a fare gli straordinari, a firmare le carte indirizzate dai propri assessori, a pubblicare bandi a iosa, a non temere provvedimenti giudiziari?
Nascondere la polvere non è la soluzione, anche perché Cuffaro è troppo grosso per essere nascosto. Dopodiché c’è la netta sensazione, diffusa nell’opinione pubblica, che la storia non sia finita, che Totò questa volta non sia il capro espiatorio. In più potrebbe esserci il rischio che Cuffaro si penta veramente questa volta, che davanti ai magistrati dica la verità, tutta la verità, e se lo fa potrebbe fare chiamate di correo. Tante chiamate quante ne ha avuto intercettate. Il talento per il dramma greco non gli manca, e se gli fanno domande mirate sui “tangent scout” potrebbe venire giù il mondo.
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