Il congresso “Hot Topics in Hepatology 2025, Goals Achieved and Unmet Challenges in Patient Management”, che si è svolto il 5 e 6 dicembre all’Hotel Villa Itria di Viagrande, si è chiuso con una partecipazione ampia e multidisciplinare. L’iniziativa, nata sotto il coordinamento scientifico del dottor Maurizio Russello, direttore dell’UOC Medicina a indirizzo epatologico del Garibaldi Nesima di Catania, ha riunito medici del territorio, specialisti ospedalieri e rappresentanti dei principali centri siciliani, confermando la centralità del confronto interprofessionale nella gestione moderna delle patologie epatiche.


Il dottor Russello ha tracciato un bilancio “estremamente positivo”, sottolineando come l’obiettivo primario fosse quello di coinvolgere la medicina del territorio e rafforzare la capacità di intercettare precocemente i pazienti a rischio. Ha ribadito che le malattie del fegato “sono patologie insidiose, silenti, che richiedono un forte ruolo dei medici di base” e ha rimarcato il valore della collaborazione con i centri di riferimento, incluso l’ISMETT di Palermo. Ha poi espresso grande soddisfazione per la qualità scientifica degli interventi e per la presenza di tanti giovani relatori: “È fondamentale coinvolgerli, farli crescere, far sentire che quello che fanno è importante per i pazienti e per la nostra comunità professionale”. Infine ha ricordato i progressi nella cura dell’epatocarcinoma e delle malattie metaboliche, sottolineando quanto l’innovazione terapeutica stia cambiando la gestione di patologie un tempo considerate infauste.


Il direttore generale dell’Arnas Garibaldi di Catania, Giuseppe Giammanco, ha posto l’accento sull’energia dei giovani professionisti che animano l’ospedale e sui vantaggi dell’approccio multidisciplinare. Ha spiegato come lavorare in team consenta “risultati migliori per i pazienti, percorsi più efficienti e un uso più intelligente delle risorse”, ricordando che la collaborazione tra territorio e ospedale è un’autostrada “che si costruisce ogni giorno e non finirà mai” perché il sistema evolve continuamente.

Il presidente dell’Ordine dei Medici di Catania, Alfio Saggio, ha valorizzato il ruolo strategico dei medici di famiglia nella diagnosi precoce delle epatopatie. Ha evidenziato come molte malattie del fegato restino a lungo sconosciute ai pazienti stessi e come la collaborazione tra specialisti e medicina territoriale stia finalmente abbattendo compartimenti stagni che per anni avevano ostacolato il percorso assistenziale. Ha definito congressi come questo “strumenti indispensabili per una vera interdisciplinarità”.


Il dottor Antonino Di Guardo ha ribadito la responsabilità dei medici di medicina generale nella prevenzione cardiometabolica. Ha spiegato che molti pazienti con steatosi o rischio cardiovascolare entrano negli ambulatori per motivi apparentemente banali e che spetta al medico di base “trasformare la medicina di opportunità in medicina d’iniziativa”, individuando rischi e avviando percorsi diagnostici adeguati.

La dottoressa Graziella Privitera ha approfondito il tema della stratificazione del rischio epatologico nella popolazione generale. Ha ricordato che oltre il trenta per cento dei cittadini può avere una malattia metabolica del fegato senza saperlo e che strumenti semplici come il FIB4 permettono di accendere campanelli d’allarme da verificare nei centri epatologici. Ha poi sottolineato che la collaborazione con i medici di famiglia è decisiva, perché “sono loro a tenere in mano la popolazione generale”.

La dottoressa Stefania Capuccio ha analizzato l’evoluzione della classificazione della MasLD e la crescente evidenza del ruolo della disfunzione tiroidea come fattore patogenetico. Ha illustrato come la ricerca stia ampliando la comprensione di una malattia multisistemica che coinvolge metabolismo, fegato e fattori endocrini, e ha evidenziato l’arrivo del primo farmaco specificamente approvato per questa patologia, destinato a modificare la pratica clinica nei prossimi anni.


La dottoressa Francesca Terracciani ha portato un contributo sulle nuove terapie per la colangite biliare primitiva, spiegando l’impatto di molecole innovative come Fibranorex e Adelpar. Si tratta di farmaci in grado di migliorare non solo i parametri biochimici ma anche sintomi molto invalidanti come fatica e prurito. Ha sottolineato che questo rappresenta “un cambiamento significativo nella qualità di vita dei pazienti” e che la pipeline farmacologica è oggi più ricca che mai.

La dottoressa Maria Luisa Arpi ha approfondito il rapporto bidirezionale fra MasLD e diabete, spiegando come le due condizioni condividano meccanismi patogenetici e impongano una gestione integrata fra endocrinologi ed epatologi. Ha evidenziato come i nuovi farmaci stiano semplificando la presa in carico con benefici simultanei su entrambe le patologie, mentre il medico di base resta un perno essenziale per la prevenzione e l’identificazione precoce dei soggetti a rischio.

La cardiologa Marta Chiarandà ha mostrato il legame stretto tra malattia epatica metabolica e rischio cardiovascolare, ricordando che la steatosi peggiora il profilo di rischio tanto quanto i fattori classici come diabete o ipertensione. Ha ribadito la necessità di un approccio interdisciplinare e di una gestione condivisa del paziente perché “le due malattie si influenzano e vanno trattate insieme”.


L’endocrinologo Roberto Baratta ha offerto una riflessione appassionata sull’innovazione nei farmaci per obesità e diabete. Ha ricordato che l’obesità è la base di molte malattie endocrino-metaboliche e cardiovascolari e che i nuovi farmaci rappresentano una vera rivoluzione. Ha richiamato l’importanza della corretta informazione scientifica, denunciando la disinformazione diffusa e ribadendo che “non si possono banalizzare patologie così serie”.

Il professor Gaetano Bertino ha posto l’attenzione sulla gestione dei sintomi più invalidanti della colangite biliare primitiva, come prurito e fatiga. Ha descritto l’arrivo di terapie capaci di migliorare questi aspetti e ha ricordato l’importanza anche degli interventi non farmacologici, dalla cura della pelle fino all’attività fisica strutturata, fondamentali per recuperare qualità di vita.

Il dottor Marco Distefano ha illustrato i progressi nel riconoscimento delle malattie colestatiche genetiche grazie alla genetica avanzata e a test oggi molto più accessibili. Ha spiegato come queste scoperte stiano aprendo prospettive terapeutiche nuove e come l’intelligenza artificiale potrà diventare uno strumento decisivo per individuare precocemente pazienti che oggi arrivano alla diagnosi in fasi troppo avanzate.

L’epatologa Mariarita Cannavò ha descritto l’evoluzione della colangite biliare primitiva, malattia cronica che sta diventando sempre più frequente. Ha evidenziato l’arrivo di nuove terapie che, associate al trattamento standard, promettono un netto miglioramento della qualità di vita dei pazienti, spesso compromessa da prurito, fatica e sintomi depressivi.


La dottoressa Maria Cristina Sapere ha parlato della malattia di Wilson, illustrando diagnosi e gestione terapeutica. Ha ricordato che l’aderenza al trattamento permette a molti pazienti di condurre una vita normale, mentre la mancanza di continuità può determinare un rapido peggioramento con esiti neurologici o necessità di trapianto.

La dottoressa Grazia Di Marco ha affrontato il tema della sorveglianza dell’epatocarcinoma, definendo la filiera diagnostica “una catena in cui esiste ancora un anello debole”. Ha spiegato che meno di un quarto dei pazienti a rischio segue realmente la sorveglianza ecografica semestrale e che serve aumentare la consapevolezza culturale dei pazienti e la collaborazione tra specialisti e medicina di base.

Il presidente del FADOI Giuseppe Lo Faro ha evidenziato come le malattie colestatiche e genetiche, pur considerate rare, abbiano un impatto molto rilevante sul sistema sanitario. Ha ricordato che la medicina interna resta un pilastro fondamentale nella gestione dei pazienti complessi, grazie alla capacità di trattare la persona nella sua globalità.


Il professor Franco Trevisani ha spiegato l’evoluzione delle terapie per l’epatocarcinoma, illustrando la differenza fra approccio per stadi e gerarchia terapeutica. Ha mostrato come oggi sia possibile curare pazienti fino allo stadio intermedio e come l’immunoterapia abbia raddoppiato la sopravvivenza media in alcune forme avanzate. Ha ribadito che “non è più una condanna, abbiamo molte armi per combattere e vincere”.

Il professor Salvatore Gruttadauria, direttore del Dipartimento Trapianti di ISMETT Palermo, ha ricordato che la chirurgia – sia resettiva che sostitutiva – resta l’unica terapia realmente curativa dell’epatocarcinoma. Ha evidenziato i numeri eccellenti dei trapianti in Sicilia, dove nel 2024 sono stati eseguiti cento interventi e nel 2025 già novantuno. Ha sottolineato che “in Sicilia ci si cura ai massimi livelli, senza dover lasciare la propria terra”.


Il professor Rodolfo Sacco ha concluso con un approfondimento sulle nuove terapie sistemiche, spiegando come l’immunoterapia abbia rivoluzionato la prognosi dei pazienti con epatocarcinoma intermedio o avanzato. Ha ricordato che oggi esistono dati di sopravvivenza molto più incoraggianti rispetto al passato e che la gestione multidisciplinare è determinante per scegliere la terapia più adatta al singolo paziente.

Il congresso si è chiuso con un messaggio condiviso: l’epatologia moderna richiede collaborazione, innovazione terapeutica, visione integrata tra territorio e ospedale e un’attenzione crescente alla qualità di vita dei pazienti. Due giornate intense, ricche di contenuti e di prospettive, che confermano la vitalità della comunità scientifica regionale e la sua capacità di fare rete per affrontare le sfide delle malattie del fegato.

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