E’ stata confermata dalla Corte di Appello di Catania la sentenza a 30 anni di carcere per omicidio di Paolo Cugno, 28 anni, operaio di Canicattini Bagni, nel Siracusano, accusato dell’omicidio nel marzo del 2017 della compagna Laura Petrolito, 20 anni avvenuto in un appezzamento di terreno in contrada Tradituso, a Canicattini, di proprietà della famiglia dell’imputato.

Un delitto riconducibile ad una lite tra i due ragazzi, per via della gelosia della donna, che, però, è finita in tragedia. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, l’imputato dopo averle inflitto  numerose coltellate, ha gettato il cadavere della donna in un pozzo.  Quel sabato, i due giovani avrebbero deciso di trascorrere un po’ di tempo insieme per chiarirsi. Poco prima delle 22 avrebbero avuto un diverbio dai toni accesi ed il ventisettenne, secondo l’accusa, dopo aver prima minacciato la compagna si sarebbe impossessato di un coltello, conservato in un capanno del fondo agricolo per colpirla ed ucciderla.

In primo grado, l’imputato, che ha scelto di farsi giudicare con il rito abbreviato, aveva rimediato una condanna a 30 anni di reclusione ma la sua difesa, rappresentata dall’avvocato Giambattista Rizza, sostiene che il giovane soffre di problemi cerebrali, per cui, prima del lockdown, aveva avanzato richiesta per far compiere degli esami diagnostici sul suo assistito che sono stati negati dai giudici della Corte di Appello. “Nei giorni scorsi – spiega a BlogSicilia l’avvocato Giambattista Rizza – il medico del carcere ha stabilito che Cugno soffre di dissociazione mentale, eppure ci hanno  negato una nuova perizia sullo stato psichico del mio assistito. E’ una sentenza che definisco delittuosa, per questo posso preannunciare che presenteremo ricorso alla Corte di Cassazione”.

Gli inquirenti avevano spiegato che tra i motivi di quell’aggressione sfociata nel sangue c’era la gelosia. E’, però, emerso che a soffrirne era Laura Petrolito, infastidita dal comportamento del suo compagno. In un post su Facebook di qualche anno fa, Laura aveva postato una foto contenente una frase: “Tradire non è solo fare sesso con un’altra persona. Cancellare i messaggi o mentire su dove si va è già tradire”.

 

Secondo la difesa,  Paolo Cugno, è un infermo di mente ed a supporto di questa tesi aveva depositato al gup del tribunale di Siracusa, prima della lettura della sentenza di primo grado, una perizia psichiatrica del consulente di parte, Michele Lo Magro, attestante una grave patologia, una schizofrenia paranoide  sofferta dal ventisettenne. Il consulente del gip, Antonino Petralia, aveva, però, smentito la ricostruzione della difesa, che, a sua volta, contestando la perizia ne aveva sollecitata un’altra, per cui il giudice decise di affidarla a Filippo Drago ma pure questa, in sostanza, non sarebbe stata favorevole alla tesi del legale del ventisettenne.