Giovanni Pizzo
Ex assessore della Regione Siciliana, scrivo su vari quotidiani. Laureato in economia e commercio
Quanto è largo il campo? È questa la domanda che si deve fare il centrosinistra. Non certamente a causa della predestinata sconfitta calabra, anche se non avessero fatto errori, di temi, di movimentismo e non localismo, in più di candidato. Pasquale Tridico era un europarlamentare che non aveva preso manco residenza in quella terra. Un alieno calato dall’alto da Conte, in quanto padrino del reddito di cittadinanza in una regione ufficialmente povera. E che certamente dopo il voto tornerà a Bruxelles e non rimarrà a fare il consigliere regionale di opposizione, come dovrebbe fare un politico, che lui non è. In questo c’è tutta la sufficienza delle scelte del cosiddetto campo largo, che non chiede al territorio chi sia il candidato migliore, ma lo sceglie in vertici di coalizione. Il vero, assoluto, urgente problema del centrosinistra è proprio il campo. Perché un campo non è largo dal numero di soggetti politici che si aggregano.
Lo è dal numero di offerte politiche, dal pluralismo. Sembra invece che tutti i soggetti politici del centrosinistra, a parte il soldato Ryan Renzi, stiano zappando la stessa salma di terra del campo. Stessi temi, più o meno, stessi elettori, che si strappano a vicenda, cresce il PD indi decrescono i 5Stelle, e così via. In questo modo, al di là di alcuni luoghi conservativi, che votano più i buoni amministratori che gli danno servizi che i temi politici, il campo largo sarà sempre stretto. Il vero nodo gordiano è capire la rappresentanza possibile, che oggi è stabilmente posizionata nell’area del non voto. Al di là di una, non piccolissima fascia di elettori disinteressati a prescindere, per ignoranza e povertà culturale, coloro che non vanno più a votare che idee, sensibilità, aspettative hanno, che offerta politica vorrebbero?
È pressoché inutile rimestare il mortaio di coloro che sono già schierati, la massima oscillazione possibile per la coalizione è del 2/3%. Coloro che invece non votano sono tutti moderati, sono radicali più estremi dell’offerta politica attuale? Cosa pensano costoro?
Un sintomo di questa area potrebbe essere la resilienza di FI, che pur essendo senza leadership accattivante o coinvolgente, pur senza portare nuovi temi, anche se lo ius scholae rispetto allo ius primae noctis di Silvio lo è, non solo non arretra ma cresce, di poco ma costantemente dalle nazionali. Soprattutto territorialmente, in Calabria non c’era la Meloni, ma Occhiuto. E lì FI e la lista Occhiuto raggiungono il 30% come ai tempi del PdL. Quindi è ormai chiaro che il campo cosiddetto largo è in realtà monco di una gamba definiamo non progressista, che tenga a temi ulteriori e diversi da quelli proposti da Schlein e soci.
Ed allora perché costoro non fanno crescere, per inclusione, partenogenesi, scorporo, in qualunque modo possibile questa gamba? Perché un pluralismo ulteriore senza una leadership molto autorevole e forte rischia di mandare in pezzi una coalizione fragile. Ma questo li condanna ad essere minoritari e non alternativi. Sembra un gatto che si morde la coda ma il campo stretto ed affollato non potrà mai, senza un rischio di visione ed apertura alla società reale, e non alla società di prossimità, essere largo.
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