Giovanni Pizzo

Ex assessore della Regione Siciliana, scrivo su vari quotidiani. Laureato in economia e commercio

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Ci sono state alcune polemiche sui giornali riguardanti una frase del governatore del Veneto Luca Zaia. Secondo l’amministratore pubblico più consensi in Italia, con una ottima sanità pubblica secondo i Lea e altri parametri di misurazione, la Sicilia ha una gestione dei servizi sanitari immorale. Gli risponde il suo collega di partito siciliano, anche lui Luca, Sammartino, che il suo giudizio è sommario ed ingiusto, perché il problema è più complesso. Ed ha perfettamente ragione, il problema è più complesso. Intanto perché la carenza quali quantitativa dei servizi non origina dal personale sanitario, o dalla sua formazione, visto l’elevato numero di medici che si sono specializzati in Sicilia ma che kavorano in Veneto e negli altri servizi regionali più blasonati. Quindi è un problema di organizzazione dei servizi, di management. Ma la complessità infatti sta proprio in questo. Il politico siciliano non è immorale, che qualifica un comportamento a bassa moralità. Lui non applica la sfera della morale, quindi al limite è a-morale, in cui l’alfa è privativa, ai servizi rivolti alla collettività indistinta. Il polito locale sente il bisogno di un riconoscimento singolo, fa le cose rivolto ad una singola persona o nicchia di persone, ne cerca il rapporto interpersonale. 

Che è il fattore per la creazione del consenso. Per esempio se fa un bando per l’attribuzione di risorse economiche lo fa individuando una sfera ben precisa, individuabile, di soggetti. Non avrebbe mai pensato al reddito di cittadinanza, troppo dispersivo, collettivo, soprattutto per una platea cisi vasta di potenziali percettori. Sostiene i forestali, perché questi sono una platea distinguibile e concertabile. I pazienti invece non lo sono, chiunque ha bisogno di una risposta sanitaria, qualunque famiglia più o meno ne necessita, e quindi non si può generare un rapporto soggetto politico-cittadino che possa generare uno scambio. Anzi, proprio l’inefficienza dei servizi, per esempio le famose liste di attesa, generano la richiesta di favori, e qui si ingenera il rapporto cittadino-elettore e politico. Perché a quel punto non si cerca più un diritto ma si scambia, lo scavalcamento della lista, un favore, che al momento opportuno verrà, forse, ricambiato. Portare a valore politico lo scambio è proprio della amoralità, della fuoriuscita dei diritti, costituzionalmente garantiti, dalla sfera morale della politica come servizio al cittadino, che riguarda invece la sfera collettiva ed universale, in cui non c’è cambio one to one, ma al limite riconoscimento del valore amministrativo. Che è quello perché è amato Zaia dai veneti. Piccolo particolare i veneti, i cittadini veneti, non sono i siciliani. Anche qui la complessità del problema. Il siciliano non si sente collettivo, ciascun siciliano si sente unico, tra un diritto ed un privilegio, qualunque esso sia, sceglie il secondo. Un diritto lo potrebbero avere tutti, il privilegio no. Quello spetta a lui perché è lui. Ed in questo amorali forse lo siamo tanti, troppi, siciliani. 

D’altra parte in Sicilia, sempre riguardo al rapporto politica-cittadini, si dice sempre “non ci si pigghia se non ci si assomigghia”.

 

 

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