Davide Romano

Tutti i blog

Quando il marketing incontra i sacramenti: cronaca di una rivoluzione che nemmeno Lutero avrebbe potuto immaginare


Cari lettori, in questi tempi in cui tutto si vende e tutto si compra, era inevitabile che anche la Santa Madre Chiesa dovesse fare i conti con le esigenze del mercato. E così, con un decreto che ha dell’incredibile ma che porta la firma inequivocabile della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Sua Santità ha autorizzato quello che i bene informati sussurrano già da mesi nei corridoi vaticani: la sponsorizzazione di messe e sacramenti.


Il precedente storico che nessuno ricorda

Chi ha qualche dimestichezza con la storia ecclesiastica ricorderà che già nel Medioevo, e non solo, le famiglie patrizie finanziavano cappelle e altari in cambio di preghiere perpetue per le loro anime. I Medici a Firenze, i Gonzaga a Mantova e anche gli Sforza non lesinavano ducati d’oro per assicurarsi un posticino privilegiato nel Paradiso. Ma quello era mecenatismo, questo è marketing.

La differenza, sottile ma sostanziale, sta tutta in una clausola del nuovo Motu Proprio “Commercium et Sacrum” che prevede la possibilità di “menzioni esplicite del contribuente durante l’azione liturgica, purché compatibili con la dignità del rito e la comprensione dei fedeli”.


Le prime sperimentazioni

Le prime prove sono già in corso in alcune parrocchie pilota. A Milano, nella basilica di Sant’Ambrogio, il parroco don Giuseppe Tremolada ha inaugurato la “Messa del giovedì sera offerta da McDonald’s”, con tanto di archi dorati che fanno bella mostra ai lati dell’altare maggiore. “Non vedo nulla di scandaloso”, ci ha spiegato con candore il prelato ambrosiano, “anche Cristo moltiplicò pani e pesci, e McDonald’s fa lo stesso ogni giorno”.

Più prudente l’approccio romano. Nella parrocchia di San Lorenzo in Lucina, il parroco don Mario Bianchi ha optato per una soluzione “soft”: “La raccolta di oggi è offerta gentilmente da UniCredit”, annuncia discretamente prima del Credo. Ma già si vocifera che per la messa di mezzanotte di Natale sia in trattativa con un noto brand di panettoni.


I sacramenti premium

Il vero colpo di genio sta però nella tariffazione differenziata dei sacramenti. Il battesimo “Classic” rimane gratuito, ma è disponibile anche la versione “Premium” sponsorizzata da Pampers (“Perché ogni nuovo cristiano merita il meglio”), con tanto di certificato personalizzato e servizio fotografico incluso.

Per i matrimoni, invece, è già attivo un listino che farebbe invidia a una wedding planner. Si va dalla cerimonia “Essentials” (sponsor: Ikea, con la promessa che “l’amore si costruisce insieme”) fino al pacchetto “Luxury” (Tiffany & Co., “Un diamante è per sempre, come il sacramento”).

Le prime comunioni non sono da meno. La diocesi di Torino ha siglato un accordo con Ferrero: ogni bambino riceverà, insieme all’ostia consacrata, una confezione di Mon Chéri. “Il corpo di Cristo ha molte forme”, ha commentato pragmatico il vescovo, “e la dolcezza è sempre stata associata alla grazia divina”.


Le resistenze del clero tradizionalista

Non tutti, naturalmente, hanno accolto con entusiasmo la novità. Monsignor Giulio Andreotti (omonimo dell’ex Presidente del Consiglio, ma senza parentele), Prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha definito l’iniziativa “un oltraggio alla tradizione bimillenaria della Chiesa”.

“Dove andremo a finire?”, tuona dall’alto della sua cattedra il prelato ottuagenario, “Prima le chitarre al posto dell’organo, poi la Messa in italiano invece del latino, ora gli sponsor. Fra un po’ avremo il Papa che fa pubblicità agli yogurt!”

Non ha tutti i torti il monsignore. Già si mormora che per la prossima Giornata Mondiale della Gioventù sia in trattativa un accordo con Red Bull (“Ti mette le ali… verso il Paradiso”).


La reazione dei fedeli

I parrocchiani, dal canto loro, sembrano divisi. La signora Giuseppina, 78 anni, frequentatrice assidua della messa delle 8 di una parrocchia della periferia milanese: “Se questo serve a tenere aperta la chiesa, ben venga. Almeno ora c’è il riscaldamento grazie alla sponsorizzazione della ditta di caldaie”.

Più critico invece Arturo Rossi, avvocato e presidente del Consiglio Pastorale della stessa comunità: “Ho sempre dato l’obolo, ma adesso mi sento come se fossi al cinema prima del film. Manca solo che ci facciano vedere i trailer dei prossimi santi in calendario”.


L’aspetto economico non secondario

I conti, va detto, tornano. Secondo fonti ben informate dell’IOR (l’Istituto per le Opere di Religione, la banca vaticana), le prime sperimentazioni hanno portato nelle casse ecclesiastiche cifre che definire interessanti è un eufemismo. Una sola messa sponsorizzata da un grande marchio può fruttare quanto un’intera annata di offerte domenicali.

“La Chiesa non può più permettersi di ignorare la realtà economica”, ha dichiarato anonimo un alto prelato della Segreteria di Stato, “Le vocazioni diminuiscono, i costi di manutenzione aumentano, e i fedeli sono sempre più parsimoniosi con le offerte. O ci adattiamo ai tempi, o tra vent’anni diremo messa nelle catacombe. E Dio non voglia!”.


Le prospettive future

Se l’esperimento dovesse andare in porto, le conseguenze potrebbero essere rivoluzionarie. Si parla già di “naming rights” per le basiliche (“La Basilica di San Pietro presented by Amazon”), di placement televisivo durante le celebrazioni papali, persino di merchandising ufficiale benedetto direttamente da Sua Santità.

Il tutto, naturalmente, nel pieno rispetto della tradizione e della dignità liturgica. O almeno così assicurano in Vaticano, dove già si stanno studiando i contratti per la prossima canonizzazione, che potrebbe essere sponsorizzata da un noto produttore di candele profumate e deodoranti per ambiente.


Considerazioni finali

Forse aveva ragione Giulio Andreotti (quello vero) quando diceva che “il potere logora chi non ce l’ha”. Oggi potremmo aggiungere che il mercato condiziona anche chi dovrebbe esserne al di sopra.

Resta da vedere se i fedeli sapranno distinguere tra il sacro e il profano, tra la fede e il business, tra l’Ave Maria e l’Ave Marketing. Una cosa è certa: la prossima volta che sentirete suonare le campane, potrebbero anche essere sponsorizzate da Rolex.



Cari lettori, se tutto questo vi sembra assurdo, ricordatevi che viviamo in tempi in cui persino l’assurdo può diventare normale. E quando il normale diventa assurdo, forse è il caso di ripensare a cosa significhi davvero la parola ‘normale’.

(Davide Romano)


Questo contenuto è stato disposto da un utente della community di BlogSicilia, collaboratore, ufficio stampa, giornalista, editor o lettore del nostro giornale. Il responsabile della pubblicazione è esclusivamente il suo autore. Se hai richieste di approfondimento o di rettifica ed ogni altra osservazione su questo contenuto non esitare a contattare la redazione o il nostro community manager.