Mauro Billetta
Frate Cappuccino parroco di Danisinni a Palermo
Il primo dicembre 2025 abbiamo condiviso la convocazione degli Stati Generali per l’infanzia, l’adolescenza e le Politiche giovanili della Città di Palermo.
Oltre centosettanta realtà del Terzo settore e delle organizzazioni della società civile si sono incontrate in un luogo simbolo, la parrocchia San Filippo Neri allo ZEN, per avviare un percorso di ascolto, riflessione e co-programmazione insieme alle Istituzioni al fine di ripensare i processi educativi in modo condiviso per custodire la crescita e la fattiva espressione delle nuove generazioni.
La ferocia dei fatti che hanno scandito gli ultimi due anni della cronaca locale, ha portato alla necessità di fermarci per valutare la disfunzione nei processi educativi la cui efficacia è minima quando gli interventi rimangono disconnessi tra loro e privi di continuità nel tempo.
Non è sufficiente l’impegno infaticabile di tanti professionisti del Terzo settore – non “volontari” ma “professionisti” – quando le politiche pubbliche rimangono sganciate dall’ascolto dei territori, ma è necessario ristabilire un patto di Comunità secondo un principio di sussidiarietà circolare e cioè di compartecipazione ed interconnessione dello Stato, del Mercato e del Territorio.
Altrimenti le agenzie pubbliche come ad esempio la scuola rimarrebbero isolate dai contesti in cui operano, le speculazioni imprenditoriali rischierebbero di contrastare lo sviluppo sociale e l’integrazione nei territori, e le famiglie insieme ai centri di prossimità continuerebbero ad essere sovraccaricati di compiti che da soli non riescono ad assolvere.
La responsabilità condivisa verso i piccoli della nostra società impone una profonda revisione del senso identitario e di appartenenza che stiamo loro proponendo. Il rischio, altrimenti, è quello di scivolare in un assetto tribale che vede i singoli gruppi antagonisti gli uni agli altri senza una effettiva capacità di dialogo nel rispetto della diversità. Questo porterebbe allo smarrimento del senso comunitario e ad un’ulteriore escalation di violenza sociale.
I rappresentanti politici presenti all’incontro sono rimasti ad ascoltare senza prendere parola e questo è un primo passo assai significativo. Per ricentrare la visione educativa della Città abbiamo bisogno di ripartire dall’ascolto dei territori riportando “la periferia al centro” e cioè restituendo dignità ai cittadini e ai contesti che abitano. I luoghi sono relazionali e anche la pianificazione urbanistica ha un ruolo peculiare nel pensare l’agire educativo di una città.
Senza spazi pubblici di aggregazione informale, senza luoghi gratuiti a cui accedere per le pratiche sportive o gli eventi culturali, senza infrastrutture di collegamento tra le diverse aree della città è faticoso prevenire fenomeni antisociali che rivelano il sintomo di una mancata cura.
Considerare l’educazione come un bene comune significa investire in modo sinergico sul futuro e sullo sviluppo umano e sociale della nostra comunità. Questo comporta accompagnare la riflessione sul PIL correlandola al BES – Benessere Equo e Sostenibile – altrimenti sarebbero i ragionamenti sugli utili economici ad avere la meglio sull’investimento qualitativo riferito al processo educativo. Infatti non è l’utile immediato o l’effetto suggestivo di un nuovo progetto o servizio, ad offrire il parametro di confronto per verificare l’efficacia di un intervento educativo. La visione abbisogna di sguardo che supera l’emergenza e che miri alla costituzione di processi duraturi nel tempo.
Questo non sarà garantito fino a quando la sostenibilità dei Centri educativi sarà affidata al bando annuale che prevede progetti diversificati a seconda dell’orientamento politico di turno. Finanziamenti che trovano, spesso, sovrapposizioni d’intervento con un conseguente sperpero di fondi che andrebbero orientati sulla reale necessità dei servizi.
Questa discontinuità nell’orizzonte e precarietà di chi lavora sui processi educativi di fatto ostacola la promozione di un welfare territoriale dove il senso di prossimità è dato dalle relazioni costruite nel tempo e, dunque, rinsaldate da patti di fiducia reciproca.
Consapevoli che i processi culturali – di questo si tratta – abbisognano di tempi lunghi per sortire effetto riteniamo che la convocazione del primo dicembre segna il punto di partenza per l’avvio di un cammino inclusivo che metta tutti dentro. Ora bisogna pianificare la cabina di regia istituzionale per il contrasto alla povertà educativa e la promozione umana delle nuove generazioni.
Accettare la sfida educativa significa impegnarsi nel quotidiano uscendo dai reciproci individualismi rimettendo al centro i piccoli e così provare a restituire dignità e umanità alla nostra Palermo.
Questo contenuto è stato disposto da un utente della community di BlogSicilia, collaboratore, ufficio stampa, giornalista, editor o lettore del nostro giornale. Il responsabile della pubblicazione è esclusivamente il suo autore. Se hai richieste di approfondimento o di rettifica ed ogni altra osservazione su questo contenuto non esitare a contattare la redazione o il nostro community manager.


Commenta con Facebook