“Premesso che tutte le sentenze vanno rispettate e che, soprattutto in casi così complessi, è fondamentale leggere le motivazioni, come sorella di Giovanni Falcone e come cittadina italiana, provo una forte amarezza perché ancora una volta ci è stata negata la verità piena su uno dei fatti più inquietanti della storia della Repubblica”. Lo dice Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone, ucciso dalla mafia a Capaci, in merito alla sentenza, di ieri, del tribunale di Caltanissetta nel processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di Via D’Amelio.
Prescrizione è sconfitta per la Giustizia
Il tribunale di Caltanissetta ha dichiarato prescritte le accuse contestate a Mario Bo e Fabrizio Mattei, due dei tre poliziotti accusati di avere depistato le indagini sulla strage di via D’Amelio costata la vita al giudice Paolo Borsellino e agli agenti della scorta. Assolto il terzo imputato, Michele Ribaudo. Erano imputati di calunnia aggravata dall’avere favorito la mafia. Il venire meno dell’aggravante ha determinato la prescrizione del reato di calunnia. La sentenza dopo che i giudici ieri si sono riuniti in camera di consiglio dopo le brevi controrepliche di alcuni difensori. “La prescrizione è sempre una sconfitta per la giustizia che, specie in processi tanto delicati, evidentemente non è riuscita ad agire con la celerità che avrebbe dovuto avere”, ha aggiunto Maria Falcone.
Sentenza conferma esistenza depistaggio
“Dal dispositivo, che asserisce l’esistenza del depistaggio e la responsabilità di due dei tre imputati, emerge comunque – spiega Maria Falcone– la conferma dell’impianto della Procura di Caltanissetta che, con un lavoro coraggioso e scrupoloso, ha fatto luce su anni di trame e inquinamenti investigativi”. “Questa sentenza – conclude – arriva a una settimana dal trentesimo anniversario della strage di Via D’Amelio che ancora una volta vedrà i familiari di Paolo Borsellino, ai quali esprimo tutta la mia vicinanza, in attesa della verità”.
L’ultimo processo sulla morte di Borsellino
Solo il lavoro dei pm nisseni e le dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza, che ha ridisegnato le responsabilità nell’attentato dei clan rimasti fuori dalle indagini, e che ha scagionato gli imputati accusati ingiustamente, ha svelato un depistaggio, definito dai giudici dell’ultimo processo sulla morte di Borsellino come il più grave della storia della Repubblica. Depistaggio che questa sentenza non esclude. Al dibattimento si sono costituiti parte civile i figli del giudice Borsellino, Fiammetta, Lucia e Manfredi, che da 30 anni chiedono di conoscere la verità sulla morte del padre; il fratello del magistrato, Salvatore Borsellino, i figli della sorella Rita Borsellino, i familiari degli agenti di scorta, oltre ai sette innocenti, scagionati dopo il processo di revisione: Gaetano Scotto, Gaetano Murana, Natale Gambino, Salvatore Profeta
“Sentenza dice che depistaggio ci fu”
“E’ una sentenza rispetto alla quale è decisivo leggere le motivazioni per capire quali sono gli aspetti che potranno costituire i motivi di appello. Il tribunale non ha accolto la nostra ricostruzione specie rispetto all’aggravante. E’ una sentenza che va rispettata il dato che evidenzio è che Bo e Mattei hanno commesso la calunnia, quindi la prescrizione li salva perchè sono fatti di 30 anni fa, l’elemento della calunnia resta”. Lo ha detto l’avvocato Fabio Trizzino, dopo la sentenza del processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di Via D’Amelio. Trizzino difendeva i figli del giudice ucciso il 19 luglio del 1992. “E’ una sentenza che raccordandosi col verdetto del Borsellino quater ci consente d’individuare Bo e Mattei come concorrenti nel reato di calunnia. Il fatto che lo Stato ha esercitato in ritardo la potestà punitiva li ha posti al riparo, però è.una sentenza che non ci soddisfa ma ci prendiamo quel che di buono c’è”.
“Sentenza che non ci soddisfa”
“E’ una sentenza che non ci soddisfa perchè riteniamo che i nostri assistiti sono completamente estranei ai fatti contestati. Leggeremo le motivazioni e capiremo il da farsi”. Lo ha detto, a margine della sentenza del processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di Via d’Amelio, l’avvocato Giuseppe Panepinto, legale del funzionario di polizia Mario Bo.
“Scarantino ritenuto calunniatore”
“La sentenza è stata esaustiva perchè ha rinviato gli atti in Procura per il reato di calunnia nei confronti di Scarantino. Allora ritenere che la calunnia da parte sua vi sia stata e assolvere Ribaudo significa che anche in questo processo Scarantino è stato ritenuto un calunniatore come in tanti processi precedenti e Ribaudo è stato assolto. Il fatto che sia stata dichiarata la prescrizione non significa affatto che siamo in presenza di elementi univoci sulla responsabilità di Bo e Mattei. Dovremo analizzare le motivazioni per capire il percorso dei giudici”. Lo ha detto l’avvocato Giuseppe Seminara, legale di Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, poliziotti imputati al processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio. “Certamente è stata esclusa l’aggravante. Ove vi fosse un solo elemento nella sentenza che possa turbare l’onore dei miei assistiti presenteremo appello”, ha detto.
Trasmessi atti per calunnia per Scarantino
Il tribunale di Caltanissetta ha rinviato gli atti alla procura perchè valuti se procedere per il reato di calunnia nei confronti del falso pentito Vincenzo Scarantino. Si legge nel dispositivo della sentenza che ha dichiarato prescritte le accuse di depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio per i poliziotti Bo e Mattei e ha assolto il terzo imputato, l’agente Michele Ribaudo. I giudici hanno trasmesso gli atti ai pm per i poliziotti Maurizio Zerilli, Angelo Tedesco, Vincenzo Maniscaldi, Giuseppe Di Gangi che deposero al processo.
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