Organizzare una “filiera corta” fra i produttori, industrie della pasta e del pane e e chi commercializza i prodotti sul territorio. E’ questa la proposta lanciata a Caltagirone dalla Cia di Catania nel corso del seminario organizzato per discutere dei  temi del grano siciliano, la crisi di mercato e le opportunità per le imprese agricole che sottoscrivono contratti di filiera.

In Sicilia il settore cerealicolo si sviluppa su una superficie di 370 mila ettari, produce 1 milione di tonnellate di prodotto e, al netto del consumo interno, è in grado di esportare oltre il 50% di grano, eppure resta una produzione in perdita, sebbene rappresenti un pilastro dell’economia dell’isola.

“Bisogna far capire alla politica e ai produttori che senza la filiera non si va da nessuna parte – ha commentato il presidente provinciale Giuseppe Di Silvestro –  l’agricoltura ha bisogno dell’agroindustria”.

La bassa quotazione del grano è uno dei problemi del settore: i produttori locali hanno costi più elevati rispetto ai partner stranieri, circostanza che rende difficile la competizione sul piano del prezzo con il grano che viene importato dai paesi dell’Est.

“Il settore dei cereali e del grano duro, in particolare, vive un momento di grande difficoltà i prezzi di produzione sono di gran lunga più alti rispetto ai prezzi che oggi  il mercato riconosce agli agricoltori – ha esordito il responsabile nazionale Cia del Dipartimento Sviluppo Agroalimentare Ivan Nardone – un problema che abbiamo sollevato da tempo e da parte del Governo ci sono delle risposte parziali ma importanti, come il decreto che aiuta i  contratti di filiera: forse è inadeguato dal punto di vista delle risorse, ma può spingere gli agricoltori ad affrontare in modo diverso il drammatico fenomeno della volatilità dei prezzi, dando un minimo di stabilità nel triennio”.

“Del decreto dobbiamo cogliere il meglio – ha sostenuto Gino Catania, vice presidente vicario Cia Sicilia Orientale – dobbiamo dare agli agricoltori lo strumento dell’aggregazione dell’offerta, creare la tracciabilità e la trasparenza dei prezzi e mettere nelle condizioni anche i consumatori di essere consapevole quando sceglie il grano duro di Sicilia, scegli un prodotto di qualità”.

L’unica strada per battere la concorrenza è, dunque puntare sulla qualità del prodotto siciliano, “un grano che risulta particolarmente pregiato, più sano e genuino, grazie alle condizioni climatiche nel quale cresce – ha aggiunto Vincenzo Grassia, Coordinamento Regionale GIE Cerealicolo –. Quest’anno per il grano siciliano è stata una grande annata, senza trattamenti ha superato il 12%, eppure le industrie continuano a comprare altrove!”

Per il comparto è arrivata anche un’ulteriore batosta, la notizia del “decreto fondo grano duro” e le “istruzioni” pubblicate recentemente dall’Agenzia Agea che limiterebbe l’aiuto grano duro ai soli agricoltori che destinano la produzione alla filiera pastaria, eliminando quella panificatoria. Una decisione che penalizza soprattutto la Sicilia e la Puglia.

“E’ un dato che allarma moltissimo la nostra comunità cerealicola – ha dichiarato Graziano Scardino, direttore Cia Catania – Al sud significative aliquote, intorno al 50% del grano duro vengono, invece, destinate alla produzione di pane. La circolare AGEA è di ieri sera, noi abbiamo sollevato il problema a livello nazionale, e da domani saremo già al lavoro”.

All’incontro, patrocinato dal comune di Calatino, hanno partecipato anche il sindaco Gino Ioppolo, che ha porto i saluti della città, Salvatore Grassiccia, presidente Cia Caltagirone.