Al grido del gol che rimbombava in piazza, spesso ne seguiva un altro che lo sovrastava: “Stu pallunu vu tagghiu!” Per molti ragazzi, il primo stadio è stato proprio la piazzetta sotto casa e gli spettatori erano gli avventori dei bar, i proprietari degli stessi locali e i residenti.

Tutti spettatori rigorosamente obbligati e spesso indispettiti che, dopo l’ennesimo traversone che finiva tra i tavolini, promettevano (ma in tanti casi passavano alle vie di fatto) di fare strage del pallone. Giocare in piazza era rischioso, ma neanche troppi anni fa, era l’unico posto dove farlo.

Ad Aci Castello, nella mitica piazza Castello, si può giocare a calcio sotto lo spazio sovrastato dal maniero normanno, ma bisogna avere una certa proprietà di palleggio. Il sindaco, Filippo Drago, cresciuto a pane, politica ed Inter, vuole emanare un’ordinanza (è ancora allo studio da parte dell’amministrazione e degli uffici competenti) che consente di tirare calci ad un pallone, ma solo se si gioca palla a terra.

In piazza Castello, quindi, dite addio a sgroppate sulla fascia come il Maicon del Triplete e traversoni in mezzo per la testa del principe Milito. Si gioca, anzi si deve giocare come il Barca: tiki-taka.

E poi, anche nelle scuole calcio insegnano a giocare palla a terra, con un buona pace dei malati di Playstation e Xbox; certo se hai i piedi quadrati è un problema tuo, al massimo farai il terzino (come si faceva un tempo con i meno tecnici), ma ad Aci Castello guai a spazzare la palla. Semmai ricomincia da dietro, come Dani Alves o Jordi Alba.

Ilarità a parte, l’ordinanza del sindaco Drago servirà a far convivere tutti la stessa piazza: ragazzini e ragazzi di una volta, gli stessi che si saranno sentiti dire “Stu palluni vu tagghiu!” Ma allora non c’era l’ordinanza tiki-taka. Anzi non c’era proprio il tiki taka.