Il gup di Napoli, Enrico Campoli, ha condannato l’imprenditore Danilo Iervolino, noto per essere il proprietario della Salernitana e fondatore dell’Università Telematica Pegaso, a quattro anni di reclusione per corruzione.

La sentenza, emessa al termine di un processo celebrato con rito abbreviato, include anche il divieto per quattro anni di contrattare con la Pubblica Amministrazione. La condanna accoglie la richiesta avanzata dal pm Henry John Woodcock durante la requisitoria del 16 settembre scorso.

Le altre condanne e assoluzioni

Oltre a Iervolino, il processo ha visto la condanna di Francesco Cavallaro, segretario generale della Cisal, a cinque anni di reclusione, con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e il divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione per cinque anni. Mario Rosario Miele, collaboratore di Iervolino, è stato condannato a due anni e otto mesi di reclusione.

È stato invece assolto Francesco Fimmanò, direttore scientifico dell’Università Pegaso, per il quale la pubblica accusa aveva chiesto la derubricazione del reato di corruzione in traffico di influenze illecite, motivando la richiesta con l’inutilizzabilità delle intercettazioni dichiarata dalla Corte di Cassazione.

Le indagini e il ruolo del Ministero del Lavoro

L’indagine, condotta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli e coordinata dalla Procura partenopea, ha riguardato la concessione, da parte di due dirigenti del Ministero del Lavoro, di un parere favorevole inizialmente negato. Tale parere ha permesso la divisione del patronato Encal-Inpal in Encal-Cisal e Inpal, mantenendo i benefici economici che altrimenti sarebbero stati perduti.

Il coinvolgimento dei dirigenti ministeriali

Secondo gli inquirenti, la corruzione si sarebbe concretizzata grazie all’intervento di Concetta Ferrari, allora direttrice generale per le Politiche Previdenziali e Assicurative, e Fabia D’Andrea, vice capo di Gabinetto del Ministro del Lavoro. Entrambe le dirigenti sono state rinviate a giudizio, e il loro processo è attualmente in corso davanti al Tribunale di Napoli.

La Ferrari avrebbe ottenuto l’assunzione del figlio Antonio Rossi come professore straordinario all’Università Telematica Pegaso, mentre la D’Andrea avrebbe favorito le progressioni lavorative di due conoscenti in ambiti riconducibili al segretario generale della Cisal dell’epoca, Francesco Cavallaro.

Un sistema di scambi e favori

La procura di Napoli sostiene che le dirigenti ministeriali abbiano agito in cambio di vantaggi personali. Per la Ferrari, l’assunzione del figlio rappresentava il beneficio ottenuto, mentre la D’Andrea avrebbe perseguito l’avanzamento professionale di persone a lei vicine. Tali episodi sarebbero avvenuti mentre ricoprivano ruoli di rilievo all’interno del Ministero del Lavoro.