Agenti della squadra mobile, del Servizio centrale operativo e reparti speciali della polizia, coordinati dalla Dda di Catania, il 26 gennaio scorso hanno eseguito un’operazione antimafia, nei confronti del clan mafioso “Cappello-Bonaccorsi”, decapitandone i nuovi assetti. Durante il blitz, denominato operazione Minecraft e ufficializzato soltanto oggi da Questura e Procura, sono state eseguite perquisizioni che hanno consentito il sequestro di un arsenale, di sostanze stupefacenti e danaro in contante.

Un blitz tenuto riservato

Nonostante l’operazione sia stata condotta oltre una settimana fa non si conoscono ancora i dettagli che saranno comunque resi comunque noti in giornata.

La precedente operazione

L’ultima vasta operazione contro il clan risale ad un anno fa ed esattamente l 23 gennaio del 2020 quando fu messa a segno l’operazione Camaleonte.

In quella occasione centinaia di uomini della Polizia , con i Reparti Speciali e i Nuclei Investigativi, coordinati dalla DDA di Catania e dal Servizio Centrale Operativo, furono impegnati nell’esecuzione di un’ordinanza cautelare a carico di numerosi indagati, ritenuti appartenenti al clan mafioso “Cappello-Bonaccorsi”, coinvolte anche mogli e figli dei boss.

Gli arresti di un anno or sono

Furono complessivamente 52 le persone destinatarie del provvedimento restrittivo emesso dal Gip di Catania su richiesta della locale Dda contro il clan Cappello-Bonaccorsi, 44 gli arresti in carcere e due ai domiciliari eseguiti da squadra mobile della Questura etnea e dal Servizio centrale operativo (Sco) della polizia. Ad altre due persone venne notificato l’obbligo di dimora nel comune di residenza. Ai vertici dell’organizzazione, che ha diverse ‘diramazioni territoriali’, la Dda di Catania collocava lo storico capomafia Salvatore Cappello, ergastolano e detenuto in regime di 41bis.

Le accuse di allora

Un’associazione mafiosa, accusava la Procura, dedita alla “commissione di delitti contro la persona, quali gli omicidi, perpetrati al fine di mantenere i rapporti di forza sul territorio, di tutelare i membri della consorteria, nonché per espandere il proprio predominio criminale”.

Il clan commetteva anche reati contro il patrimonio (rapine, furti ed estorsioni) e delitti connessi al traffico illecito di sostanze stupefacenti. Tutto questo, ricostruisce la Procura distrettuale, per “acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, autorizzazioni e di appalti pubblici e per realizzare, comunque, profitti o vantaggi ingiusti”.

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