• Oltre gli aspetti materiali della sussistenza, cosa è in grado di dare la nostra società?
• Non possiamo negare la difficoltà complessiva in cui si vive nelle nostre città: disinteresse, frammentazione, disamore. E tutto ciò è più marcato nelle città più grandi rispetto a quelle più piccole. Così accade che nei nostri piccoli comuni della zona etnea pedemontana c’è ormai consolidata una agricoltura legata al vino e alla zootecnia in grado di dare lavoro a tanti. Gli immigrati sono perfettamente inseriti sia nel ciclo economico e produttivo che in quello civile e sociale. Solo i nostri giovani sono disoccupati perché hanno coltivato progetti che non si incontrano con le offerte reali di lavoro. Gli immigrati non vivono in campi di accoglienza al limite della sussistenza, ma sono integrati nel tessuto urbano, hanno case e servizi. Ciò dimostra che questa è la vera strada dell’accoglienza. Qualcuno dirà che sono piccoli numeri. Vero, ma si comincia sempre da uno, mai da mille.
• E la mostra?
• La mostra dimostra proprio quanto ho detto, cioè che si può parlare di questo argomento in altro modo. Lontano da letture giornalistiche o politiche e vicino alla gente, alla vita di tutti, tutti i giorni. Questa è l’unica strada da percorrere, anche se più lunga, ma forse meno tortuosa.