Un anno e mezzo di indagini. Tanto è stato necessario ai Carabinieri di Catania per ricostruire la rete di spaccio che si diramava per il quartiere di Picanello.
L’inchiesta che ha portato, oggi, a 12 arresti (NOMI E FOTO) è iniziata ad aprile ad ottobre 2018, dai militari del Nucleo Operativo della Compagnia di Catania Piazza Dante, ed a permesso di accertare l’esistenza di due redditizie “piazze di spaccio” operanti a poca distanza l’una dall’altra nello storico quartiere catanese, noto agli inquirenti per la presenza radicata nel tempo di numerose organizzazioni riconducibili a clan mafiosi e per questo meta privilegiata e riconosciuta, nell’ambito dell’intera Provincia, per il traffico di sostanza stupefacente.
Il monitoraggio dell’area compresa fra Via Timoleone e Via Maria Gianni, meglio nota come “Campo Scuola”, con l’aiuto di intercettazioni telefoniche ed ambientali, ha permesso agli investigatori di delineare l’esistenza di due distinti gruppi criminali, ciascuno responsabile della propria piazza di spaccio: il primo facente capo, secondo le accuse, a Salvatore Puglisi, detto “Zecchinetta” e l’altro facente capo a Patrizio Gregorio Pulvirenti.
Secondo i Carabinieri le organizzazioni operavano con ruoli ben delineati e con suddivisione di turni, assicurando la presenza costante di stupefacente, principalmente marijuana, pronto per essere venduto al flusso incessante di acquirenti, particolarmente intenso nelle fasce orarie del primo pomeriggio e della prima serata.
Il sistema di spaccio sfruttava le caratteristiche del quartiere e prevedeva un accurato posizionamento delle vedette, negli angoli delle varie strade di accesso, incaricate di filtrare ed indirizzare gli acquirenti verso i pusher che, sempre con tecniche differenti, cedevano lo stupefacente occultato in diversi nascondigli (auto, motorini, panchine, etc.) così da eludere eventuali controlli delle forze di polizia. Anche in questo caso è stata rilevata la figura del “lanciatore” ricoperta da uno degli indagati che, seppur costretto agli arresti domiciliari, contribuiva ugualmente ed attivamente all’attività di spaccio, confezionando in casa le dosi e lanciandole materialmente dal balcone su richiesta del pusher in strada.
Le indagini hanno anche permesso di riscontrare l’impiego nell’attività di spaccio di due minorenni, di cui uno minore di anni 14, con il duplice ruolo di vedette e di pusher.
Le due organizzazioni, che riuscivano ad assicurarsi ciascuna un introito medio giornaliero di circa 5.000 euro, operavano in maniera totalmente autonoma, e seppur molto vicini uno all’altro, avevano instaurato un rapporto di “pacifica convivenza” e “leale concorrenza”, scambiandosi non solo i clienti ma anche gli spacciatori, che si trasferivano da una piazza di spaccio all’altra in virtù di una offerta di migliori condizioni di lavoro (turni, compenso, sicurezza) garantite dal capo-piazza.
Nell’organizzazione, operavano anche due padri con i rispettivi figli (ovvero i Puglisi e i Nastasi), osservati dai Carabinieri lavorare insieme fungendo i più anziani da esempio alle nuove generazioni in un vero e proprio passaggio di consegna nella gestione degli affari illeciti (da cui il nome dell’operazione “Eredità”).
Nel corso dell’indagine, sono stati sequestrati oltre 2 chili di marijuana, mentre dieci sono stati gli arresti in flagranza di reato di detenzione e spaccio di stupefacenti, oltre 150, invece, gli acquirenti, perlopiù giovanissimi, trovati in possesso della sostanza stupefacente appena acquistata e segnalati come assuntori.
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