L’aria è pesante nel Pd catanese che si presenta sempre più spaccato. Dopo la sfiducia al capogruppo consiliare di Catania, Giovanni D’Avola, e l’immediato sostegno a quest’ultimo da parte del segretario Enzo Napoli, lo scontro va avanti senza esclusione di colpi.

Da una parte c’è chi invoca la illegittimità del cambio D’Avola-Vullo, dall’altra si ribadisce l’azione solitaria di una fetta del partito. Sullo sfondo, ma non troppo, c’è la frattura fra l’area che fa capo al sindaco Enzo Bianco (e che incassa il sostegno del gruppo Raia-Villari) e il duo, divenuto trio, Sammartino-Sudano-Berretta.

Ieri una raffica di comunicati dello schieramento vicino al primo cittadino ha bacchettato l’atto di sfiducia.

Concetta Raia, deputato regionale, interviene sulla vicenda bollando al “limite del grottesco”.

“Calpestare le normali regole per sfiduciare illegittimamente e senza il numero necessario il capogruppo Pd e indicarne un altro in modo altrettanto illegittimo è un atto gravissimo che colpisce prima di tutto il nostro partito”, dice Raia che ammonisce chi “ispira e copre queste inutili scorribande, trasformando la vicenda in una farsa, si sta assumendo gravi responsabilità”.

Livio Gigliuto, coordinatore cittadino del Pd afferma “che solo una maggioranza può sfiduciare il capogruppo D’Avola e nominarne un altro”, mentre il consigliere dem Lanfranco Zappalà su facebook segnala che “quanto è stato fatto è assolutamente “illegittimo”.

E’ intervenuta stamattina, invece, Ersilia Savarino, una dei tre firmatari della sfiducia (gli altri sono Niccolò Notarbartolo e Nino Vullo, divenuto capogruppo): “E’ un segnale di responsabilità non solo verso il nostro partito ma all’intera città ed agli elettori che tre anni fa ci hanno dato la loro fiducia per amministrare Catania”.

Saverino ricostruisce quanto accaduto e ammette che “la decisione, attentamente ponderata, non è figlia della posizione dell’ultima ora ma affonda le radici in una presa di coscienza continua, frutto della consapevolezza delle tante assenze e della poca rappresentatività che ormai D’Avola aveva in consiglio”.

Ai firmatari della sfiducia, ma soprattutto ai consiglieri di Articolo 4 non è piaciuto il commento di D’Avola alle dimissioni dell’assessore Angela Mazzola. “Durante la sua ultima assenza – scrive Savarino – le dichiarazioni rilasciate ad alcuni organi di stampa dallo stesso, non concordate e del tutto autonome, ci hanno mostrato in modo evidente come fosse necessario, all’interno del gruppo , voltare pagina mettendo D’Avola, di fronte alle sue mancanze e alle tante occasioni sfumate”.

La dem Savarino (molto vicina alla deputata Valeria Sudano) ricorda che “un gruppo non è il suo presidente, il gruppo è un’associazione che vive e respira di democrazia. D’Avola sarebbe dovuto venire, spiegare, discutere e votare, come si fa in ogni associazione, in ogni gruppo. Non si è leader …scappando dal confronto”.

“Noi firmatari della sfiducia – conclude la nota – ribadiamo la bontà del nostro operato e stiamo lavorando in sinergia e in perfetta collaborazione affinchè il nuovo Capogruppo possa degnamente rappresentarci e assolvere in modo più puntuale, incisivo e programmatico i compiti che la legge e lo statuto del comune gli conferiscono”.

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