In 11 sono i destinati della misura cautelare in carcere nell’ambito dell’operazione “Fosse dei leoni II” a Catania, dove i carabinieri hanno mantellato una organizzatissima piazza di spaccio della droga. Si tratta di Giuseppe Amoruso, 29 anni, Angelo Condorelli, 33 anni, Francesco Condorelli, 38 anni, Salvatore Cristaudo, 34 anni,  Orazio Drago, 53 anni, Daniele Giuseppe Fabiano, 34 anni, Lucio Lombardo, 33 anni, Alessandro Rossello, 26 anni, Daniele Rossello, 30 anni, Roberto Santapaola, 43 anni, e Nunzio Tomaselli di 32 anni. Poi altri 3 hanno avuto altre misure. Le accuse, a vario titolo, sono di associazione finalizzata al traffico, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Ad essere stato azzerato il gruppo criminale che gestiva lo spaccio lungo Viale Grimaldi nel quartiere di Librino a Catania.

Un assetto massiccio per l’irruzione

Non è stato per nulla facile riuscire a penetrare nel cuore dell’organizzazione che aveva messo in piedi mille accortezze per evitare di essere sorpresi dalle forze dell’ordine. Tanto che è stato necessario un assetto di forze numerose.  Ad irrompere nel quartiere dello spaccio i carabinieri del comando provinciale di Catania, col supporto di reparti specializzati. Sono oltre cento i militari impegnati nell’operazione ‘Fossa dei leoni II’ tra le province di Catania, Palermo, Cosenza ed Enna.

Il nome dell’operazione

L’operazione prende il nome dalla piazza di spaccio, storicamente riconducibile al clan “Cappello” e già colpita, nel luglio del 2019, dall’esecuzione di 26 ordinanze applicative di misure di custodia cautelare in carcere.  La piazza di spaccio era suddivisa su due turni, uno dalle 9 alle 18 e uno dalle 18 alle 22. Garantiva agli acquirenti l’acquisto di crack, cocaina e marijuana, sostanze stupefacenti per le quali pusher e vedette utilizzavano veri e propri “nomi in codice” quali “camicie” per la cocaina, “crackers” per il crack e “giubbotto” per la marijuana.

Postazione blindata

La postazione del pusher, collocata all’interno dell’androne di una delle due palazzine del viale Grimaldi, era protetta da un portone in ferro battuto abusivamente installato e apribile solo dall’interno. Ad ulteriore “difesa” del pusher era prevista una rete di vedette, alcune delle quali chiamate ad osservare gli ingressi della piazza di spaccio. Altre, invece, ad effettuare una sorta di “prefiltraggio” nei confronti degli acquirenti appena arrivati. L’adozione di queste cautele consentiva di accertare immediatamente di non avere di fronte un appartenente alle forze di polizia “sotto-copertura” e, inoltre, di chiedere all’acquirente la tipologia e la quantità della sostanza stupefacente che fosse interessato ad acquistare.

L’ulteriore step

Superato questo “controllo”, la vedetta, senza utilizzare ricetrasmittenti perché a rischio di essere intercettate, attraverso segni convenzionali, faceva aprire il portone al pusher che veniva così raggiunto dal cliente per la successiva cessione, che si svolgeva nell’arco di pochissimi istanti. In caso di intervento delle forze dell’ordine, le vedette facevano allontanare gli acquirenti e il pusher di turno, chiuso il portone in ferro, abbandonava la propria postazione. Si andava quindi a nascondere  in uno degli appartamenti dello stabile o, in alternativa, raggiungendo la terrazza posta all’ultimo piano dell’edificio, dove veniva occultata – e poi recuperata successivamente – la sostanza stupefacente.

Le accortezze

Gli indagati avrebbero avuto una particolare attenzione alle modalità di rifornimento della piazza di spaccio. Le dosi di cocaina e crack, per via delle ridotte dimensioni, sarebbero state custodite all’interno delle abitazioni di alcuni degli appartenenti al sodalizio. In alternativa venivano nascoste nelle aiuole del piazzale antistante la piazza di spaccio, in cavità ricavate tra i rifiuti e le macerie. I quantitativi di marijuana sarebbero stati nascosti nell’abitazione di uno degli indagati, privo di precedenti penali, il quale si sarebbe occupato anche del confezionamento dello stupefacente in singole dosi. Questo modo di agire avrebbe garantito l’operatività pressoché ininterrotta della piazza di spaccio, riducendo al massimo le possibili conseguenze in caso di intervento delle forze dell’ordine.

Un sistema di regole rigide

Un vero e proprio sistema di regole ed espedienti che, secondo quanto è emerso dalle indagini, sarebbe stato messo a punto dal presunto capo-promotore, Angelo Condorelli. Nel corso dell’attività i carabinieri hanno eseguito complessivamente 26 arresti in flagranza di reato, denunciato 2 persone e sottratto al circuito del traffico di sostanze stupefacenti 66,620 chili di marijuana, 61 grammi di crack e 57 grammi di cocaina. Sono stati, inoltre, sequestrati due pistole, un fucile, 31 cartucce di vario calibro, un sistema di videosorveglianza, uno smartphone munito di scheda telefonica, un “pizzino” con date e numeri attinenti all’approvvigionamento della sostanza stupefacente e 2.810 euro, provento dell’attività illecita.

Articoli correlati