In videoconferenza dal carcere di Novara dove è detenuto per associazione mafiosa ed estorsione, Rosario Di Dio, affiliato al clan Santapaola e boss di Ramacca, risponde alle domande del pm Agata Santonocito.

Nell’aula bunker di Bicocca, a Catania, si tiene oggi l’udienza del processo in Appello che vede imputato l’ex presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo accusato di concorso esterno, già condannato in primo grado.

Di Dio (che non è un collaboratore di giustizia), interrogato due volte dai magistrati, oggi in sede di dibattimento, dovrà confermare e ricostruire quando dette e messo a verbale. Testimonianze che accusa e difesa avranno modo di approfondire.

“Io vedevo papà e mamma passare al distributore – dice Di Dio – poi lui (Raffaele Lombardo) ha chiesto di incontrarmi. Si dovevano eleggere componenti comitato gestione e lui si interessava di un candidato”.
“Ci incontravamo al distributore, quello sulla Catania-Gela, dove lasciava alcuni documenti per mio cugino Paolo Furnari. Gli veniva comodo”.

“Nel 2004, erano le provinciali mi lasciavano i fac simili suo fratello e altri che cercavano i voti…”.

“Nel 2006 mi è venuto a cercare. Una sera è venuto a casa mia, lui e il fratello (Angelo Lombardo) senza preavviso. Dovevo prendere appuntamento con Angelo Santapaola. Lo puoi rintracciare? Per le votazioni?, mi chiesero. Bisognava gestire le votazioni in modo diverso e concordare vari discorsi”.

Quando il pm Agata Santonocito gli chiede ‘Se i Lombardo sapevano che era stato arrestato’, lui risponde: “Io ero stato arrestato ed era di dominio pubblico che ero stato condannato per associazione (affiliato ai Santapaola)”.

“I Lombardo rimasero un quarto d’ora o 20 minuti in casa – ricorda Di Dio – e io li feci incontrare. Angelo Santapaola andava un giorno sì e uno no a Palagonia per le corse dei cavalli”.
Nella ricostruzione dei fatti Di Dio precisa che: “Santapaola incontrò prima Raffaele e poi Angelo, 2 giorni dopo che me lo chiesero. E li incontrò nel distributore di Belpasso, nell’area servizio dietro il bar. C’ero anche io. Si sono salutati e già di conoscevano”.

E Lombardo disse a Santapaola: “Parla con Angelo per il punto di vista economico. Era per le elezioni Regionali…”

“Poi Angelo Santapaola ha incontrato Angelo Lombardo, ma io non c’ero. Sempre al distributore di Belpasso. Si parlava di contributo elettorale e di posti di lavoro”.

Dopo tempo, Santapaola  mi disse: “Dillo al presidente che io ancora lo sto aspettando. Ma poi che “il discorso era tutto a posto”.

Di Dio racconta che: “Ho rischiato la galera per andare all’incontro e la vita. Ero il garante del patto. Avevo sorveglianza speciale e libertà vigilata”.

“Nel 2008 non ho cercato voti per Lombardo perché ero risentito per non avermi preso appuntamento al Consorzio di bonifica. Ero ad una cena in un ristorante di fronte al cimitero di Ramacca, quando arrivò Gaetano D’Aquino con altre persone di Catania e mi disse che di rimanere perché c’era una cena per Lombardo. Abbiamo parlato di lui, ma non di voti: io non ero invitato”.

“È il politico che va a cercare il mafioso – ribadisce Di Dio – per i voti che è ignorante…”.

Rosario Di Dio, ha alle spalle anche una lunga carriera politica che ha svolto fino al 1992, quando è stato arrestato per la prima volta (la seconda tra il 2007/2010) . Che lui stesso ricostruisce al pm.

E’ stato consigliere comunale, assessore, sindaco, vicesindaco di Castel di Iudica. Ha sempre ‘militato’ nel Partito Socialista ed è stato anche vicepresidente dell’Usl di Palagonia

Conclusa la testimonianza di Rosario Di Dio, la parola passa adesso alla difesa di Raffaele Lombardo sostenuta dall’avvocato Alessandro Benedetti, con l’inizio del contro esame.

E’ Raffaele Lombardo a rendere in aula dichiarazioni spontanee, in attesa dell’intervento della sua difesa.

“Non c’è una distanza temporale – dice Lombardo – in cui si può mettere in discussione la memoria di una persona. C’è semmai una versione profondamente mutata che può servire a decifrare la personalità del testimone da un giorno all’altro o quasi.

Il testimone non ricorda le cose che sono successe, ma ricorda i fatti che non sono mai avvenuti. Chi era il commissario del consorzio di Bonifica e mille altre contraddizioni.

Io al distributore di Anania (Belpasso) non ho mai messo piede e se ci sono passato ci sono passato solo ad alta velocità”.

A fine udienza, è l’avvocato difensore di Lombardo, Filippo Dinacci a commentare: “Non è emerso altro che l’inutilità di questo processo che è un processo fondato su chiacchiere che non trovano alcun riscontro. E’ chiaro che non si possono condannare le persone sulle chiacchiere…”.