Dall’estorsione, all’associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti come cocaina e marijuana, dal porto e detenzione di armi da fuoco, al danneggiamento commesso con l’uso di armi da fuoco fino alla  ricettazione.

Sono i reati contestati ad un gruppo mafioso destinatario di una ordinanza scattata nel corso della notte e alle prime luci dell’alba

Il blitz

L’operazione antimafia è stata messa in atto contro 24 presunti appartenenti al clan dei Cursoti milanesi ed è stata eseguita la notte scorsa dalla polizia di Catania in un ampio territorio. L’inchiesta, coordinata dalla locale Direzione distrettuale antimafia, ipotizza, a vario titolo, proprio i reati principalmente di associazione mafiosa, ma poi anche di estorsione, traffico di cocaina e marijuana, porto e detenzione di armi da fuoco, spaccio di sostanze stupefacenti, danneggiamento commesso con l’uso di armi da fuoco e ricettazione.

Sull’operazione, denominata ‘Zeus’ si conoscerà di più nell’arco della giornata dopo che saranno stati completati arresti e perquisizioni

La direzione centrale anticrimine

Il Direttore Centrale Anticrimine Francesco Messina ha evidenziato che “Le indagini condotte contro il gruppo mafioso catanese facente parte del c.d. clan dei “Cursoti- Milanesi”, evidenziano – tra l’altro – il coinvolgimento dei presunti appartenenti nella gestione di piazze di spaccio nella città di Catania, e in particolare nella zona limitrofa alla stazione ferroviaria centrale del Capoluogo etneo, dove veniva spacciata cocaina e marijuana con introiti di circa 50.000 Euro al mese. La gestione mafiosa delle piazze di spaccio rappresenta una sorta di filo rosso che unisce gli interessi delle diverse compagini criminali mafiose, operanti in tutta Italia. Anche l’indagine odierna, come altre concluse negli ultimi anni sotto il coordinamento della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, dimostra che la gestione di questi mercati di stupefacenti consente di acquisire una provvista in nero poi utilizzata sia per i
bisogni urgenti delle organizzazioni criminali sia per finanziare complessi canali internazionali di ripulitura del denaro provento delle vendite e di conseguente riciclaggio. Il contrasto sistemico a tali realtà criminali costituisce dunque un
obiettivo strategico della Direzione Centrale Anticrimine sull’intero territorio nazionale”.

Poche ora fa le richieste di 400 anni di carcere per la mafia palermitana

La Dda di Palermo ha chiesto la condanna a oltre 4 secoli di carcere per 34 persone imputate a vario titolo di associazione mafiosa, corruzione, traffico di droga e danneggiamenti. Il processo si celebra in abbreviato e nasce da una indagine che, nel 2021 portò a 85 misure cautelari, condotta dai carabinieri di Partinico.

Tra i nomi “eccellenti” quello di Michele Vitale

Tra i nomi eccellenti finiti sotto indagine Michele Vitale, esponente della famiglia mafiosa dei Vitale, storici capi del mandamento mafioso, in Cosa nostra soprannominati “Fardazza”. Per Vitale i pm hanno chiesto 15 anni di carcere.

Le indagini e il blitz nel 2021

Anni d’intercettazioni, appostamenti e indagini vecchio stampo senza alcun aiuto dei pentiti. Anche perché gli arrestati c’era proprio una collaboratrice di giustizia: Giusy Vitale, ex capo del mandamento, sorella dei padrini Vito e Leonardo, che sostituì ai vertici del clan dopo l’arresto. Vitale, che viene processata separatamente col rito ordinario, sarebbe stata al centro di un maxitraffico di stupefacenti insieme al nipote Michele Casarrubia (per cui sono stati chiesti 18 anni).

La grossa partita di cocaina

Nel 2018 avrebbero gestito l’acquisto di un’ingente quantità di cocaina con Consiglio Di Guglielmi, detto Claudio Casamonica, personaggio di vertice dell’omonimo clan romano, successivamente morto per Covid. All’incontro, interamente registrato dagli inquirenti, partecipò tra gli altri anche l’allora collaboratrice di giustizia oggi accusata di aver acquistato cocaina da fornitori calabresi a Milano e Bergamo.

L’inchiesta che portò allo scioglimento del comune di Partinico

Dall’inchiesta, che fece anche luce sui rapporti tra politici locali e i boss – il Comune di Partinico è stato sciolto per mafia – ha svelato i favori che una guardia penitenziaria faceva al boss detenuto Francesco Nania. In cambio di cibo, vestiti e sconti sulla benzina, l’uomo, arrestato per corruzione, aiutava il capomafia a fare arrivare all’esterno suoi ordini. L’imputato ha scelto il rito ordinario.

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