A Paternò, in piazza Purgatorio, lo storico clan Assinnata gestiva lo spaccio.

E lo faceva tramite i fedelissimi di Salvatore Assinnata, capo induscusso come emerge dalle intercettazioni, Daniele Beato, Giuseppe Fusto, Mario Leonardi e rosario Oliveri. Mentre Cinzia Pellegriti e i fratelli Angelo e Andrea Di Fazio erano incaricati dello spaccio dello stupefacente.

Non solo droga, ma anche estorsioni. Come quella, efferata e sfacciata, ai danni di un’ottica paternese, dove i sodali, approfittando della minaccia implicita dell’appartenenza al clan, si recavano frequentemente per prelevare costosi occhiali senza pagare.

Le indagini sono state avviate dopo il ritrovamento di una tanica di benzina con un accendino legato da un nastro adesivo in un cantiere di una ditta della provincia di Palermo e dalla successiva denuncia presentata dal titolare nei confronti dello sconosciuto autore, poi identificato in Giuseppe Fioretto.

Gli affiliati erano ‘tenuti’ a versare i proventi delle varie attività illecite in una cassa comune, dalla quale venivano ricavati gli “stipendi degli affiliati” e i costi del mantenimento dei familiari dei detenuti.

Emblematico è l’episodio, ricostruito dagli investigatori, in cui Daniele Beato, avendo sentore che da lì a poco gli sarebbe arrivata una condanna definitiva, parlava con Luca Vespucci al quale diceva che sarebbe dovuto avvenire “il passaggio del testimone” e che “ora doveva iniziare a lavorare al posto suo”.

Singolari le conversazioni captate tra alcuni affiliati relative al ruolo indiscusso di leader di Salvatore Assinnata:iddu quannu u talii sulu nda facci … pigghi e ti pisci incoddu…minchia… iddu è il top dei top…iddu cumanna è u capu…io sugnu suddatu” e ancora una conversazione che evidenziava la cultura mafiosa degli associati “iu sugnu mafiusu….’mbare iu macari ca m’attaccunu …iu mi fazzu a galera mutu mutu” ed infine una conversazione che testimoniava il nuovo ingresso di un affiliato che confermava di essere entrato a far parte del clan Assinnata: “A: ma gia’ t’associaru?…t’associasti?…ti dichiarasti vero? B:si…  A: si?…apposto…””.

E’ uno stesso appartenente all’organizzazione che, in una intercettazione, diceva del proprio capo Assinnata Salvatore “ha statu pi sempri” e  “lui è il top del top”.

Era Salvatore Assinnata a promuovere l’organizzazione criminale, a gestire la “cassa” del clan e ad occuparsi di reinvestire i guadagni nell’acquisto di sostanza stupefacente, avendo rapporti con le altre famiglie mafiose di Catania.

Le indagini che hanno portato ai 14 arresti hanno delineato una organizzazione mafiosa, di tipo verticistico – piramidale, con una chiara e nitida suddivisione dei compiti.

Salvatore Assinnata era coadiuvato dai suoi “fedelissimi”, Giovanni Messina, suo storico braccio destro e arrestato perchè trovato in possesso di 600 grammi di cocaina purissima, Pietro Puglisi, responsabile di custodire l’arsenale del clan sequestrato nel maggio del 2013, il cognato Andrea Giacopello, arrestato per la detenzione di una pistola con matricola abrasa, Benedetto Beato, Giuseppe Parenti, Luca Vespucci e Giuseppe Fioretto, con i compiti di gestire le altre attività illecite.

Assinnata li utilizzava come gregari attraverso i quali recapitava messaggi, recuperava somme di denaro, consegnava e spacciava lo stupefacente.

Il clan Assinnata di Paternò, affiliato alla famiglia catanese Santapaola, faceva capo prima a Giuseppe Alleruzzo ed è stato poi riorganizzato da Domenico assinnata e dal figlio Salvatore come accertato nelle operazioni Orsa Maggiore che nel 1993 per la prima volta individua i gruppi dell’hinterland catanese ricollegabili alla famiglia Santapaola, Padrini e Fiori Bianchi  che hanno documentato l’operatività del clan fino all’aprile 2010.

far

 

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