La mafia catanese voleva il controllo anche su spedizioni e consegne che tanto si stanno sviluppando con il commercio elettronico e l’acquisto a domicilio. Per questo avrebbe tentato l’estorsione ai danni della Brt, una delle principali imprese di spedizioni operanti sul territorio, per ottenere la prosecuzione del contratto di sub appalto con una impresa locale di cui era socia di fatto.

Sono quattro le persone tratte in arresto su delega della Procura Distrettuale della Repubblica presso il Tribunale di Catania dalla Polizia di Stato catanese in base ad un’ordinanza di applicazione di misura cautelare personale, emessa dal GIP del Tribunale di Catania.

I nomi delle persone sottoposte a misura restrittiva non vengono resi noti in base al principio della presunzione di innocenza fino a condanna definitiva di terzo grado.

Le accuse

Secondo l’impostazione accusatoria accolta dal GIP, i quattro  avrebbero chiesto alla Brt spiegazioni riguarda all’interruzione del contratto di sub appalto con una impresa di facchinaggio dichiarandosi apertamente soci di fatto anche se non formalmente, dell’impresa

L’indagine ha tratto spunto dalla denuncia sporta da un dirigente della nota società di spedizioni, BRT S.p.a., il quale riferiva che, dopo l’interruzione dei rapporti commerciali tra quest’ultima società e la Gifra S.r.l., azienda locale addetta allo svolgimento di attività di facchinaggio nel Capoluogo etneo, due dipendenti della  società estromessa lo avrebbero condotto presso l’abitazione di unod egli indagati I.F., 42 anni all’epoca dei fatti sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, che pretendeva spiegazioni sulla cessazione dei rapporti contrattuali.

L’indagato si presentava come socio di fatto della Gifra S.r.l. pur non rivestendo formalmente alcuna carica societaria. Presto si sarebbe passati alle minacce di gravi ritorsioni nei confronti dell’azienda e degli amministratori della società di spedizioni qualora i rapporti economici non fossero proseguiti regolarmente.

I legami mafiosi

Le indagini svolte, su direttiva di questa Procura, da parte della Sezione Reati contro il
Patrimonio e la Pubblica amministrazione, Squadra Antiestorsioni,  consentivano di verificare come I.F. fosse il figlio del detenuto I.G., ritenuto storico appartenente alla compagine mafiosa Santapaola – Ercolano e che i due soggetti che si sarebbero occupati di accompagnare il dirigente Brt presso l’abitazione sarebbero i cognati di I.F. e dipendenti della Gifra S.r.l., ovvero gli indagati C.L. e C.F. rispettivamente di 29 e 50 anni.

Diverse altre pressioni imtimidatorie

Nel corso delle indagini, la squadra mobile acquisiva gravi indizi anche di altre numerose e reiterate pressioni intimidatorie e minacce gravi da parte di P.V. 53 anni, (cognato di I.G. ed amministratore di fatto della Gifra S.r.l., nei confronti dei rappresentanti locali della BRT  per ottenere la revoca della risoluzione del contratto di appalto di servizi o, in alternativa, la corresponsione alla società medesima di una somma di danaro a titolo di “indennità di buonuscita” con parallele richieste di ottenere ulteriori appalti in altre regioni italiane.

Il Giudice per le indagini preliminari, su richiesta del Pubblico Ministero titolare del relativo
fascicolo di indagine, ha quindi disposto l’applicazione della misura cautelare della custodia in
carcere, eseguita con la traduzione di tutti gli indagati presso la Casa Circondariale di Piazza Lanza.