In primo grado venne condannato all’ergastolo. Adesso la corte d’assise s’appello ha rideterminato – su accordo delle parti – una condanna a 30 anni per Vincenzo Santapaola, figlio del capo dei capi di Catania Nitto nell’ambito del processo chiamato Thor.

Per l’accusa fece uccidere il cugino ma non distrusse il cadavere

È accusato di aver dato l’ordine, nel lontano 2007, di uccidere il cugino Angelo Santapaola. Ma per il collegio presieduto da Elisabetta Messina – che ha letto il dispositivo nel primo pomeriggio di ieri – non è responsabile della distruzione del cadavere.

I resti trovati in un macello a Ramacca

Quello che restava del corpo del cugino fu ritrovato in un macello a Ramacca assieme al suo guardaspalle Nicola Sedici. Tuttavia, per questo secondo delitto il figlio del capo dei capi Santapaola era stato già assolto dal giudice per l’udienza preliminare.

Il duplice omicidio grazie alle dichiarazioni dell’ex reggente di Cosa nostra Santo La Causa aveva portato in passato alla condanna all’ergastolo di Enzo Aiello. Ma poi con le dichiarazioni di Francesco Squillaci, ‘detto Martiddina’ gli inquirenti riescono a chiudere il cerchio sul mandante, già indicato da La Causa. E con le rivelazioni del killer dell’ispettore Gianni Lizzio si fa luce su una serie di omicidi dal 1989 al 1996 rimasti irrisolti, totalmente o parzialmente.

Pena rideterminata anche per Filloramo

La corte ha rideterminato la pena nei confronti di Natale Ivan Filloramo a 30 anni.

Condanne confermate per gli altri imputati

Per il resto ha confermato la sentenza nei confronti degli altri imputati, accogliendo le richieste espresse dalla pg Iole Boscarino. Per Aldo Ercolano, figlio di Pippo e già condannato per l’omicidio di Pippo Fava, il collegio ha dichiarato assorbito il periodo di isolamento di sedici mesi inflitto. Resta quindi la condanna all’ergastolo.

Gli altri imputati sono: Santo Battaglia ergastolo e due anni e nove mesi di isolamento diurno, Enrico Caruso trent’anni, Giovanni Cavallaro 30 anni, Orazio Benedetto Cocimano 30 anni, Angelo Marcello Magrì 30 anni, Aurelio “Lello” Quattroluni ergastolo con isolamento di 1 anno e 9 mesi, Giuseppe Raffa (collaboratore) 6 anni, Nicolò Roberto Squillaci 30 anni. Alcuni imputati sono stati condannati a rifondare le spese processuali delle parti civili costituite. La corte d’assise d’appello si è data 90 giorni per depositare le motivazioni.