Ha respinto l’accusa di avere assassinato sua madre ribadendo la propria innocenza Angelo Fabio Matà, il sottufficiale della Marina di 43 anni arrestato ieri dalla squadra mobile di Catania con l’accusa di avere ucciso, il 7 gennaio del 2014, la madre, Maria Concetta Velardi, di 59 anni, nel cimitero della città.

Lo ha fatto davanti al Gip Alessandro Ricciardolo, nell’interrogatorio di garanzia, alla presenza del Pm Giuseppe Sturiale, assistito dal suo legale, l’avvocato Maurizio Magnano di San Lio.  L’uomo ha risposto alle domande degli inquirenti, puntualizzando soprattutto i suoi spostamenti nel momento in cui è avvenuto il delitto.

Ha anche fornito la propria versione sul suo Dna trovato nelle unghie di due dita della madre, sottolineando che i due erano sempre in contatto. Nei prossimi giorni il legale valuterà se presentare istanza di scarcerazione al Gip o al Tribunale del riesame.

Secondo l’accusa, l’uomo, sottufficiale della marina militare, avrebbe assassinato la madre, in modo non premeditato, al culmine di una lite scaturita nel cimitero, dove la donna si recava tutti i giorni a trovare il marito e un figlio morto quattro anni prima.
Tra gli indizi a suo carico: tre signore che hanno detto di aver sentito delle urla di donna durante una lite, le tracce del Dna dell’uomo sotto le unghie della mano destra della donna e una macchia di sangue dell’uomo, misto a quello della madre, sulla sua auto.
Per il medico legale l’ora del decesso sarebbe da collocare tra le 15.30 e le 15.45, quando, sostiene l’accusa, Matà era davanti alla cappella di famiglia da solo con la madre, colpita con due pietre che pesano 23 e 18 chili, e morta dopo 30-45 minuti di agonia.
br.

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