Tradita e assassinata dalla madre che fino a qualche momento prima abbracciava. Uccisa con 11 coltellate alle spalle “non volevo guardarla”. E’ il film della morte della piccola Elena, uccisa a pochi giorni dal suo quinto compleanno dalla madre.

Donna fredda e calcolatrice secondo il Gip

Martina Patti, nonostante il tentativo di “lasciar credere di avere agito senza una piena consapevolezza”, è una donna “lucida e calcolatrice” e se non arrestata “potrebbe darsi alla fuga” E la piccola Elena, “vittima di una morte violenta particolarmente cruenta e anche lenta”, è stata uccisa da una donna che in tutte le fasi dell’omicidio “deve essere stata necessariamente nel pieno delle sue facoltà”, trovandosi “in condizioni fisiche e psichiche idonee all’agire” scrive il gip di Catania, Daniela Monaco Crea, tra le 15 pagine dell’ordinanza cautelare in carcere emessa nei confronti della 23enne per l’omicidio premeditato aggravato e l’occultamento di cadavere della figlia di 5 anni. Stralci del provvedimento sono riportati dal Corriere della sera e da La Sicilia.

La donna confessa a sprazzi al Gip

Al Gip la donna dice di ricordare che “ho portato Elena in questo campo e le ho fatto del male e non ricordo altro” e di avere “una cosa lunga tipo un coltello, non ricordo dove l’ho preso, non so perché ce l’avevo”. E sul momento in cui colpisce la piccola rivela “Non ricordo bene, perché ero girata e non volevo guardare”.

Comportamento innaturale e ripugnante

“Perché uccidere un figlio in tenera età – scrive il Gip – e, quindi indifeso, oltre a integrare un gravissimo delitto, è un comportamento innaturale, ripugnante, eticamente immorale, riprovevole e disprezzabile, per nulla accettabile in alcun contesto… indice di un istinto criminale spiccato e di elevato grado di pericolosità”.

Nessun pentimento

Il giudice sottolinea che Martina inoltre non ha manifestato segni di pentimento: “ha inscenato il rapimento con estrema lucidità e non ha manifestato segni di ravvedimento e pentimento. Tutti elementi che denotano una particolare spregiudicatezza, insensibilità, assoluta mancanza di resipiscenza”. Nell’ordinanza ci sono i diversi “non ricordo” pronunciati dalla donna: “non ricordo cosa sia passato nella mia mente quando ho colpito mia figlia, anzi posso dire che non mi è passato nessun pensiero, come se in quel momento fossi una persona diversa”, “non ricordo la reazione della bambina mentre la colpivo, forse era ferma, ma ho un ricordo molto annebbiato”, “non ricordo di aver sotterrato la bambina, ma sicuramente sono stata io”. Ma ricorda che “quando sono andata al campo avevo con me una busta di plastica di colore nero che ho strappato dal rotolo prima di uscire di casa”.

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