Ammenda da 1800 euro e inibizione dall’attività federale per un periodo di quattro mesi. Questa la decisione del tribunale federale di Roma nei confronti di Adriano Sammatrice, consigliere regionale della federazione Tennis con delega al padel. A riportare la notizia il sito Meridionews.

La vicenda

La vicenda è avvenuta scorsa estate durante una tappa del torneo Slam by Mini, tenutosi a Giulianova, in Abruzzo. A dare il via agli approfondimenti una email inviata dal giudice-arbitro Pietro Celli alla procura federale. Stando alla versione dell’arbitro Sammatrice si sarebbe presentato allo stesso come Claudio Forti “ma che per tutti era Adriano e che aveva il titolo di istruttore di secondo livello”, si legge. Dopo avere pagato la tassa prevista il consigliere regionale siciliano avrebbe indossato le vesti dell’allenatore durante il match di Flavio Abbate. Il giorno dopo però, quando c’erano in programma i quarti di finale, sarebbe stata la responsabile dell’ufficio organizzativo Padel, Sara Acquaviva, a riconoscere che la persona seduta in panchina, senza avere i titoli per farlo, era invece Sammatrice.

Il chiarimento

A questo punto, come messo nero su bianco nelle dichiarazioni riportate nella sentenza, Sammatrice sarebbe stato preso in disparte per avere dei chiarimenti e successivamente avrebbe inviato dei messaggi WhatsApp alla stessa responsabile. “Rispetto alle contestazioni replicava – ha spiegato durante la sua audizione Acquaviva – dicendo che il giorno prima non era seduto in panchina ma che aveva assistito all’incontro Claudio Forte. La risposta generava una reazione sdegnata da parte del giudice che, ironicamente, chiedeva se avesse un fratello gemello, atteso che il giorno precedente lo aveva visto pacificamente seduto in panchina a svolgere l’attività di allenatore”. Sammatrice, durante l’udienza del 27 febbraio, si è difeso dicendo di non avere avuto nessuna intenzione di sostituirsi a nessuno, né avrebbe potuto farlo essendo un volto molto conosciuto nell’ambiente del padel. Dietro le contestazioni ci sarebbe quindi un grosso equivoco e sulla presunta volontà di indossare le vesti da allenatore Sammatrice si è difeso affermando che si sarebbe limitato solo a dare, non solo ad Abbate ma anche a delle atlete, consigli motivazionali e non tecnici, in particolare durante i cambi di campo.

La sentenza

Una ricostruzione difensiva che, per i giudici presieduti da Maurizio Benincasa con a latere gli avvocati Sergio Lio e Orazio Cicatelli, “appare del tutto inattendibile – si legge nelle motivazioni – Non può non sottolinearsi l’assoluta inverosomiglianza ed incongruenza del comportamento di una persona che si reca nell’immediatezza a pagare la tassa di coaching per tre atleti e per entrambi i giorni di gare in nome e per conto di un soggetto che non solo non era presente ma che non sarebbe mai comparso per seguire in qualità di coach gli atleti facenti parti della rappresentativa siciliana”. La partita giudiziaria tuttavia potrebbe non chiudersi qui essendoci la possibilità di ricorrere al secondo grado di giudizio dinnanzi la corte federale d’appello, con il termine di 15 giorni.