Decine e decine di ettari di terreno usati come un’enorme discarica abusiva, un enorme parco che esiste solo sulla carta “perchè non c’è mai stata la reale volontà politica di recuperarlo”. Sono giunti a questa conclusione i componenti della commissione comunale al Patrimonio dopo il sopralluogo nel Parco di Monte Po a Catania.

“Abbiamo deciso di raccogliere le segnalazioni dei cittadini per chiedere al sindaco di avviare immediatamente un piano di manutenzione straordinaria – afferma il presidente della commissione Salvatore Tomarchio – l’emergenza più grande oggi è la giungla di sterpaglie, pronte a prendere fuoco alla minima scintilla, di fronte alle abitazioni di via Pavarotti e poco distante dai cavi della pubblica illuminazione”.

Nel settembre del 2012 una parte del parco, fu sottoposta a sequestro preventivo nell’ambito di un’inchiesta della procura di Catania sulla realizzazione di due discariche abusive al suo interno. «Due anni dopo – spiega il componente della commissione Giuseppe Catalano- i mezzi meccanici e gli uomini del comune, del servizio antincendio boschivo, della protezione civile e dei vigili del fuoco si attivarono per ripulire la zona dai rifiuti nascosti sottoterra. Tonnellate di materiali che,oltre ai cattivi odori, sprigionavano fumi dal sottosuolo. Oggi bisogna fare in modo che simili episodi si possano ripetere più. Tante volte quest’area è finita nel mirino della criminalità organizzata. Gente senza scrupoli che ha trasformato le masserie in allevamenti di cavalli abusivi oppure in luoghi per compiere qualsiasi altro tipo di attività illegale».

Eppure circa 30 anni fa in questa parte di Nesima Inferiore c’erano solo vigneti, uliveti e aranceti. Il centro abitato nei pressi di via Pavarotti nacque negli anni ’80 e, all’inizio, ospitava poche decine di famiglie che andavano a lavorare nei campi vicini. Oggi, in questa parte di Catania, vivono centinaia di persone con segnalazioni e richieste di bonifica dei terreni limitrofi che ormai non si contano più.

“Nel 2004 in via Pavarotti –dichiara Ersilia Saverino, vice presidente della commissione al Patrimonio – è stato istallato un sistema di recinzione lungo decine di metri che non può proteggere un’area di 28 ettari e, per questo, serve un impianto di videosorveglianza efficace”.

Un processo di recupero che, nei progetti iniziali, prevedeva il restauro delle masserie facendole diventare la sede di alcuni uffici comunali. Lo scopo, nell’immediato, sarebbe stato quello di garantire un minimo di sorveglianza con la presenza giornaliera di dipendenti e personale tecnico.

“Visto che il recupero completo dell’area potrebbe risultare troppo costosa per le casse di Palazzo degli Elefanti – sottolinea il consigliere comunale Francesco Saglimbene- il percorso più immediato sarebbe quello di scorporare il progetto e cominciare così dai lavori più piccoli e con costi contenuti. Un processo dove potrebbe trovare spazio pure una partnership con i privati. Imprenditori disposti a finanziare il recupero del polmone verde in cambio di una sponsorizzazione”.

“Non dimentichiamoci- dice il componente della commissione comunale Carmelo Sofia- che ci troviamo davanti ad un vero e proprio museo a cielo aperto. Qui si trovano edifici che risalgono al periodo borbonico, un antico acquedotto romano e una chiesa probabilmente bizantina. A questo bisogna aggiungere l’ accampamento inglese della seconda guerra mondiale. Sfortunatamente oggi di tutte queste testimonianze del passato rimane ben poco visto che i ladri hanno provveduto, nel corso del tempo, a portare via qualsiasi cosa di valore. Da qui la necessità di valorizzare il sito e renderlo una struttura ricettiva e aggregativa aperta a tutta la città”.