“Mi voglio difendere nel processo e non dal processo, nonostante tutto il discredito e il fango che mi sono stati gettati addosso. Sfido chiunque a dimostrare che ho avuto contatti con la mafia: da vice sindaco di Catania, presidente della Provincia etnea e da governatore della Sicilia tutti i miei atti sono stati improntati alla lotta alla criminalità, di qualunque tipo”.

È stato il giorno delle dichiarazioni spontanee al processo d’appello all’ex presidente della Regione e leader del Mpa, Raffaele Lombardo. Per due ore l’ex governatore si è difeso parlando dinanzi alla Terza Corte d’appello di Catania che lo dovrà giudicare per concorso esterno all’associazione mafiosa e reato elettorale.

Lombardo ha definito ‘millantatori’ i suoi accusatori, spiegando che avrebbero agito perché non li teneva in considerazione. Sull’imprenditore Basilotta ha ammesso che ha svolto lavori nella sua casa, ma, ha sottolineato, “dietro il pagamento di un compenso, come dimostrano le fatture emesse”.

“Tutti parlano de relato – ha argomentato – perché non esiste un contatto diretto o indiretto con alcuno, neppure per il reato elettorale. Del resto non per niente in un’intercettazione si dice che sono inavvicinabile”.

In primo grado il 19 febbraio del 2014 è stato condannato sei anni e otto mesi. L’accusa sostenuto dai pm Antonino Fanara è Agata Santonocito ha chiesto la conferma della sentenza di primo con l‘aggiunta di un anno per il reato elettorale, dal quale è stato invece assolto.

La prossima udienza del processo è stata aggiornata al 15 novembre  con l’intervento del collegio di difesa. La sentenza è prevista per la fine di gennaio 2017.

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