“Dopo quanto avvenuto è necessario fermarsi”. Comincia così la nota inviata dal vescovo di Caltagirone, Calogero Peri, dopo i fatti accaduti a San Michele di Ganzaria, in occasione della processione del Cristo morto finita sotto i riflettori della cronaca per un cambio di percorso e il sospetto di ‘omaggi’ al boss del paese, Francesco La Rocca, detenuto col regime del 41 bis.
“La magistratura farà chiarezza sull’intera vicenda – dice il prelato -. È evidente, però, che sotto il profilo pastorale sia necessario riflettere su quanto è successo e impegnarsi con le azioni dovute ed appropriate, in particolare per non ferire ulteriormente la devozione autentica e l’accoglienza delle quali la comunità sammichelese ha sempre dato prova. La deviazione della processione, quasi con una sollevazione popolare; le aperte critiche contro il parroco che sarebbe stato colpevole di non avere rispettato la tradizione; le voci che ne sono seguite… attendono adesso la loro chiarificazione per essere, pastoralmente, riorientate al fine di evitare il ripetersi di simili accadimenti ed evitare degenerazioni e abusi”.
Il vescovo, in questa dichiarazione, tratteggia quanto sta avvenendo nel paese del Calatino e nella nota della diocesi di Caltagirone si ricostruisce anche il clima che si viveva a San Michele di Ganzaria alcuni giorni prima della processione che oggi è al vaglio degli inquirenti della procura calatina.
“In prossimità della Settimana santa – si legge – il parroco della comunità, aveva richiamato i fedeli ad una sentita e genuina partecipazione di fede e ad una pietà popolare nutrita dai valori della liturgia”.
Il parroco, il Consiglio pastorale e il Comitato, sentita anche la comunità, ‘per ovviare alle criticità degli anni precedenti’ hanno deciso di ridurre il percorso della processione, tagliando tutti quei tratti che presentavo delle difficoltà “nel tentativo di favorire una partecipazione attiva e consapevole in un clima di silenzio e di preghiera. Tale decisione, com’è obbligo e prassi, è stata comunicata ai Carabinieri, al sindaco e all’Amministrazione comunale che ne hanno preso atto e l’hanno attuata”.
Il comunicato specifica che “nel momento in cui i portatori hanno deviato dal percorso stabilito il sindaco (che si è tolto la fascia) e il parroco non hanno più seguito la processione, dissociandosi da quanto stava accadendo e affermando che quei percorsi non erano autorizzati”.
Mons. Peri dice che “la pietà popolare è una straordinaria risorsa per l’inculturazione del Vangelo e rappresenta un significativo contributo popolare alla riflessione teologica e pastorale. Tuttavia deve essere illuminata dal Vangelo ed incanalata nella Tradizione della Chiesa”.
Il vescovo è trinciante quando spiega che “nelle feste è chiaro che la processione rappresenti un momento forte per la pietà popolare e di grande visibilità. La processione è, però, espressione di un sentimento di fede se nasce dalla liturgia e se si nutre dei suoi valori. In altro modo è una manifestazione di folclore che seppur antropologicamente giustificabile, rischia di non condurre a Cristo”.
Sui passaggi “incriminati” sono in corso delle indagini: “In questo momento – conclude mons. Peri -, per ovvie ragioni, ritengo di non dover dire nulla sulla questione del presunto “inchino” od “omaggio”. Ho pieno rispetto e fiducia nel lavoro dei carabinieri e della Procura. È però mio dovere, come pastore di questa porzione del Popolo di Dio che mi è stata affidata, qualora se ne ravvisasse il pericolo, difendere la fede e la tradizione popolare da tutto ciò che è antievangelico”.
Il vescovo ha sospeso temporaneamente le processioni a San Michele di Ganzaria.
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