Ancora una volta la Corte di Giustizia Europea apre un nuovo scenario in materia di pignoramenti immobiliari.

E lo fa con la sentenza del 18 Febbraio 2016, che ribadisce la contrarietà al diritto dell’Unione Europea di tutte le normative nazionali, compresa quella italiana, che impediscono al Giudice dell’esecuzione di valutare il carattere abusivo di una clausola all’interno di un contratto.

Tutto nasce da una domanda di pronuncia pregiudiziale sollevata da un giudice spagnolo, vertente sull’interpretazione della direttiva 93/13 CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori e ha dato luogo alla seguente riflessione: le normative nazionali, violano sistematicamente la direttiva 93/13, quando prevedono limiti di sindacato al giudice in merito alla legittimità di un contratto.

Quando il consumatore si scontra con un soggetto forte come la banca, egli subisce condizioni determinate solo unilateralmente, che di fatto creano squilibri tra le parti. Se una tutela è fondamentale alla conclusione del contratto, essa è ancora più urgente nel momento in cui si ha un procedimento d’ingiunzione o una procedura esecutiva.

Ed è qui che la Corte rimprovera alla normativa nazionale di aver concepito un sistema processuale caratterizzato da preclusioni, da “tempi limite” oltre i quali determinate eccezioni non possono essere sollevate, con l’effetto di sanare gli eventuali vizi esistenti.

Ebbene, secondo la Corte di Giustizia, ogni forma di preclusione che impedisca al consumatore di far valere la nullità del contratto, è illegittima. Infatti la circostanza che il decreto ingiuntivo sia munito della formula esecutiva, o che la procedura di espropriazione sia giunta alla fase della vendita, non può e non deve precludere un sindacato sulla validità del contratto, che deve invece poter essere rilevata, anche d’ufficio, in ogni fase del procedimento, dall’istanza di decreto ingiuntivo alla fase ultima della vendita forzata con l’asta.

Seguendo quanto auspicato dalla Corte di Giustizia, il giudice italiano dovrebbe fare un primo generale vaglio sulla legittimità del contratto già al deposito del ricorso per decreto ingiuntivo, verificando l’assenza di clausole abusive e vessatorie (anatocismo, usura, etc).

Successivamente, nella fase di esecuzione forzata, ogni qualvolta il giudice riconosca la presenza di clausole abusive e vessatorie, deve annullare il contratto e fermare la vendita all’asta.

Si auspica quindi che i giudici italiani si conformino alla giurisprudenza della Corte di giustizia, non soltanto per non incorrere in sanzioni, ma anche e soprattutto, per tutelare efficacemente i consumatori indebitati.