Sviluppare ricerche scientifiche per innovare i processi di gestione delle biomasse mediterranee e formare ricercatori qualificati e specializzati nel settore del biogas e nell’analisi dei processi di digestione anaerobica e di up-grading. Questi gli obiettivi del progetto Inno-Biomed, che in venti mesi di attività ha visto collaborare i professori e ricercatori del Dipartimento Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania, il Consorzio Italiano Biogas e gassificazione, il Centro Ricerche Produzioni Animali e CREA-OFA, Consiglio per la ricerca in agricoltura e analisi dell’economia agraria e Centro di Olivicoltura, Frutticoltura, Agrumicoltura.

Un progetto, i cui risultati sono stati illustrati nel corso di un convegno che si è tenuto ieri al Polo scientifico del Di3A, reso possibile grazie a un finanziamento del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.

“Il Ministero con gli ultimi progetti finanziati ha puntato a favorire la ricerca nel settore agro-energetico che potesse fornire risposte concrete alle esigenze degli agricoltori – ha esordito il responsabile dell’Ufficio Qualità Agroalimentare, Ippica e Pesca del Dipartimento Politiche Competitive del Ministero delle Politiche agricole e forestali, Pietro Gasparri – e con l’uscita del nuovo decreto biometano si apriranno nuovi spiragli per potere investire nella digestione anaerobica e poter realizzare nuovi impianti”.

“Avremo una progressione che va dal 2018 al 2022 con una capacità di realizzazione di 275 megawatt equivalenti, di impianti installati –  ha sottolineato il direttore del Consorzio CIB Christian Curlisi – Noi auspichiamo che anche in Sicilia con la sua enorme disponibilità di biomasse e scarti agricoli industriali, possano nascere nuovi impianti”.

Gli impianti a biogas, il combustibile che si produce durante la fermentazione di materiale organico in assenza di ossigeno, rappresentano in Italia la vera rivoluzione verde che ha già generato oltre 1.500 impianti agricoli nel nord Italia, 4 miliardi di investimenti oltre 10 mila occupati. Un modello basato sul paradigma innovazione, qualità, tutela per l’ambiente e rispetto della tradizione, e capace trasformare ogni scarto una risorsa. In Sicilia, però, gli impianti sono solo 4, nonostante il nostro territorio possa contare su biomasse uniche, tipiche delle zone mediterranee (pastazzo, sulla, siero, pollina, sansa): ogni anno ci sono circa 300 mila tonnellate di pastazzo di agrumi e 1 milione di tonnellate di sanse esauste che potrebbero essere usati in impianti di biogas e biometano.

Questi ultimi possono contribuire alla decarbonizzazione del settore dei trasporti e dare una spinta alle regioni del centro-sud, il cui potenziale produttivo di biometano al 2030 è stimato in 3 miliardi di metri cubi e corrisponderebbe a un aumento del Pil dello 0,3%.

“Io credo che in questo progetto vada sottolineata l’interazione tra ricercatori, impresa e pubblica amministrazione – ha commentato Biagio Pecorino responsabile scientifico del progetto, docente economia agroalimentare Di3A –i dati riportati fanno emergenze che esiste un giacimento inesplorato e inutilizzato di potenzialità per fare non solo energie rinnovabili programmabili, ma anche redditi e occupazione in larga parte della Sicilia”.

Presenti per i saluti Salvatore Luciano Cosentino, direttore Di3A Catania, e gli ordini dottori agronomi e dei dottori forestali, dei tecnologi alimentari di Sicilia e Sardegna, rappresentati questi ultimi da Simona Fabroni.

Sono intervenuti con le loro relazioni: Claudio Fabbri, Centro ricerche produzioni animali, Stefano La Malfa, Di3A Catania, Flora Romeo, CREA-OFA, Acireale (CT), Francesca Valenti, Di3A, Catania, Giuseppe Manetto, Gioacchino Pappalardo Di3A Catania.

Oltre all’utilizzazione degli scarti e dei sottoprodotti, nei venti mesi di ricerca del progetto, sono state prese in esame anche le biomasse da agricoltura mediterranea in rotazione a colture alimentari e alcune permanenti permanenti quali l’Opuntia (fichi d’india). Per la produzione di biometano si è resa necessaria anche un’analisi sulla localizzazione territoriale anche al fine di valutare le esternalità negative che una logistica complessa comporta in termini di emissione.

Ampio spazio all’argomento del digestato, l’ammendante ottenuto dal processo di digestione anaerobica, che può risultare una fonte strategica di nutrienti per le colture mediterranee. Digestato che, ridistribuito sui terreni quale ammendante e fertilizzante organico, chiude il ciclo biologico e produce una base importante per la bio-fertilizzazione dei suoli, evitando cosi la loro desertificazione e migliorando le produzioni agricole. Il progetto ne ha analizzato le possibilità di impiego e la propensione all’acquisto da parte degli agricoltori siciliani.