“Ammuinni, che chistu na ammazza a tutti…” (“Scappiamo, che questo ci ammazza…, ndr), è l’allarme lanciato da Fabio Pappalardo, uno dei tre rapinatori che il 18 febbraio del 2008 ha assalito una gioielleria di Nicolosi, ai due complici, Davide Laudani e Sebastiano Catania, poi uccisi dal titolare del negozio, Guido Gianni.
E’ la ricostruzione della sparatoria che Pappalardo, ferito a un polpaccio, rende in aula davanti alla Corte d’assise di Catania nel processo in cui Gianni è imputato per duplice omicidio e tentativo di omicidio. Il commerciante si è sempre difeso sostenendo la legittima difesa perché i banditi avevano minacciato di uccidere sua moglie con una pistola poi risultata a salve e senza il tappo rosso.
Pappalardo ha detto che la gioielleria da assalire era stata scelta dagli altri due complici, e che il giorno prima avevano compiuto un sopralluogo. Ha risposto che “non c’era posto dove lasciarla” per spiegare che l’auto con cui sono arrivati e sarebbero poi dovuti fuggire era posteggiata a diverse centinaia di metri dalla gioielleria. Davanti ai giudici ha deposto anche la moglie del gioielliere sostenendo di avere avuto paura di morire e, per la prima volta, di avere visto almeno due pistole in mano ai banditi, forse tre, prima di perdere i sensi per la paura.
Nel procedimento sono presenti come parti civili i familiari delle due persone uccise, Davide Laudani e Sebastiano Catania, e il ferito, Fabio Pappalardo. Dalla ricostruzione dei periti medico legale e balistici l’uomo dopo avere ingaggiato una colluttazione con i banditi li avrebbe feriti, ma i colpi mortali sarebbero stati esplosi mentre fuggivano e i tre sarebbero stati centrati alle spalle.
I legali del gioielliere, gli avvocati Orazio Gulisano e Michele Liuzzo, sostengono la tesi della legittima difesa e della momentanea impossibilità di intendere e volere di Gianni sconvolto dall’aggressione alla moglie.
Il processo è stato aggiornato al prossimo 15 giugno con l’audizione del medico legale, del tossicologo e del perito della Procura.
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