Potente, splendida, di una potenza intensa, forte, impressionante, arriva dritta dritta al cuore e si fa spazio a gamba tesa impadronendosi della scena: questa è Me-Dea, messa in scena a Villa Filippina da “Aletheia Trio” di e con Alice Ferlito, Daniela D’Amico e Mari Salvato, con la partecipazione straordinaria delle Crispeace Tribal band e la Coreografia di Teri Demma.
Uno spettacolo, in memoria dell’attentato alle Torri Gemelle, carico di pathos con un unico filo conduttore che dall’antichità ci riporta ai giorni nostri: come Me-Dea è reclusa dal marito in una “gabbia dorata” così, oggi, vivono le donne afghane, eroine che si ribellano.
La forza della musica di Mari Salvato introduce l’entrata in scena di una donna con il burqa (Alice Ferlito) che canta il suo straziante dolore mentre arriva una figura oscura (Teri Demma), la morte, che si muove sul palco con movimenti forti e drammatici, disegnando con maestria e leggerezza la danza sulle note di una fisarmonica e i ritmi forti e graffianti di percussioni (Nancy Lupino, Daniela D’Amico e Daniela Vitello). Una danza di morte e il racconto di una donna afghana, tra il pubblico, come fosse un’intima confessione.
La donna, ad un certo punto, toglie il burqa e lo lascia in scena, come monito, sopra un manichino e Me-Dea, a quel punto, lo abbraccia, ad evidenziare un passaggio di testimone.
Scene forti e strazianti rese ancora più drammaticamente suggestive dai colori della scenografia e dalle musiche. È una Medea diversa rispetto a quella tramandata dalla cultura classica, è una Me-Dea del riscatto quella ideata da Alice Ferlito, con un testo originale frutto di una ricerca tra l’antico e il contemporaneo, con qualche citazione di Angela Bonanno scrittrice catanese. Anche le musiche di Mari Salvato sono originali, il tutto reso armonico dal progetto ritmico di Daniela D’amico.
Una performance molto interessante, da riproporre all’interno di teatri al chiuso, dove emerge una Medea diversa da quella tradizionale che è invece conosciuta come matricida. Alla protagonista quasi le si vuole bene e si parteggia per lei. Un’interpretazione sublime, perfetta per questo personaggio così controverso, dove spicca una elettricità pura.
Me-Dea è uno spettacolo che emoziona, dove risalta il teatro, quello fatto bene. Ottimo il connubio con le musiciste che sono altrettanto protagoniste grazie all’atmosfera surreale e carismatica che trasmettono, scandendo ogni singolo momento. Testo e musica hanno una potenza straordinaria e lo si evince in uno dei momenti intensi dello spettacolo, quando le parole e l’uso della fisarmonica accompagnano un passionale tango. Percussioni e strumenti vari completano il quadro, mettendo in risalto le fragilità umane, ma anche il tradimento e la meschinità umana.
E c’è la scenografia, la scelta di una stanza di un ospedale psichiatrico, il bianco eccessivo che stride con ciò che si presenta logoro, sporco, antico. Un’immagine che induce lo spettatore a ritenere che quella situazione sia così da tanto tempo.
E poi c’è il pubblico, anch’esso coinvolto nello spettacolo, che rappresenta una volta la dottoressa alla quale Medea si rivolge e un’altra Giàsone/Giasóne. Anche l’uso dei due modi di dire è per non fare torto a nessuno e anche perché il personaggio cambia, diventando tragico, comico, tremendo. Accanto al pubblico-dottore ci sono poi le splendide musiciste che si trasformano in infermiere e ogni tanto interagiscono con l’eccellente protagonista.
C’è un filo conduttore tra Me-Dea, prima femminista della mitologia che esibisce un’ampia gamma di stati d’animo tragicomici, e le donne afghane: il coraggio di ribellarsi, un coraggio che ieri, oggi e domani deve appartenere a tutte le donne.
Questo contenuto è un comunicato stampa. Non è passato dal vaglio della redazione. Il responsabile della pubblicazione è esclusivamente il suo autore.
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