Palermo 8 aprile 2024 – Mercoledì 10 aprile alle ore 16.30 sarà presentato alla Cgil Palermo, in via Meli, 5, il libro di Roberto Lopes “1891. Il naufragio del piroscafo Utopia”, pubblicato dall’Istituto poligrafico europeo nella collana Le opinioni.
Il libro tratta del naufragio della nave Utopia, colata a picco il 17 marzo 1891 a Gibilterra, in cui perirono 537 migranti italiani diretti a New York. Il piroscafo partì da Trieste con 22 passeggeri slavi, passò per Messina e poi per Palermo. Infine giunse a Napoli, dove imbarcò il grosso dei passeggeri, più di 700, per ripartire il 12 marzo alla volta di Gibilterra. Le vittime in tutto furono più di 556, compresi i membri dell’equipaggio e i cittadini austroungarici.
Quel pomeriggio a Gibilterra, infuriava una terribile tempesta e il porto era affollato da navi da guerra. Il capitano, durante le operazioni d’entrata, cercò di non urtare la Anson, nave da guerra inglese lì ancorata, e al contempo tentò di non schiantarsi contro i frangiflutti. Tuttavia, la manovra non riuscì a evitare che il rostro della Anson si conficcasse su una fiancata dell’Utopia, la quale colò a picco in una manciata di minuti.
Introdurrà la presentazione del libro il segretario Cgil Palermo Francesco Piastra: “Sarà l’occasione per confrontarci sul fenomeno migratorio, sui viaggi della speranza che continuano a provocare morti nel Mediterrano, sulla gestione delle migrazioni, un tema sempre più centrale per la società anche alla luce delle guerre in corso”. Converseranno con l’autore, Roberto Lopes, docente in pensione di Storia e Filosofia al liceo classico Vittorio Emanuele di Palermo, Fabio Cirino, segretario generale Flc Cgil Palermo, la segretaria Cgil Palermo Bijou Nzirirane, dipartimento Politiche dei migranti e Vincenzo Guarrasi, professore emerito all’Università di Palermo, che cura la prefazione.
“L’elemento che mi ha fatto decidere di scrivere il libro – racconta l’autore – è dovuto al fatto che nel naufragio dell’Utopia ci sono state 13 vittime di Mezzojuso, il mio paese in provincia di Palermo, e sono venuto a conoscenza di questo evento per caso. Infatti, a Mezzojuso, come anche in quasi tutti i 170 comuni coinvolti, non esiste una lapide o qualcosa che ricordi questa tragedia. Prima che io scrivessi, qualche anno fa, un paio di articoli sul giornale locale, quasi nessuno dei miei compaesani sapeva del naufragio”.
Il lavoro è stato abbastanza lungo, perché, oltre ad una attenta ricerca sui quotidiani del tempo (italiani, inglesi, americani, spagnoli, francesi) è stato fondamentale il reperimento delle fonti presso l’Archivio di Stato di Napoli, di Salerno, di Palermo e del Ministero degli Affari Esteri a Roma.
Il volume contiene la lista di imbarco, i nominativi delle vittime e dei superstiti che tornarono a Napoli o che proseguirono il viaggio verso New York; i paesi di provenienza dei migranti coinvolti nel naufragio (circa 170); gli atti dei processi celebratisi a Gibilterra e a Napoli; le istanze di risarcimento da parte dei superstiti e dei parenti delle vittime e una storia curiosa riguardante il furto di preziosi da parte di un banchiere americano.
“Esclusi pochissimi casi, la maggior parte degli abitanti dei comuni che hanno avuto i loro morti, oggi non conosce la tragedia del 1891 e nei paesi non esiste una lapide, una via, una istituzione che ricordi le vittime innocenti di una terra che ha costretto i suoi figli a svendersi a buon mercato nel mondo e a morire tra i flutti spietati dell’Oceano atlantico – dichiara lo scrittore – Il lavoro compiuto ha voluto dare un nome a tutte le vittime del naufragio e vuole essere un atto d’amore verso chi ha perso la vita per una vita migliore ma rischia di essere dimenticato. Ci si augura inoltre che, dopo quasi 133 anni dal naufragio, si possa ricordare il sacrificio compiuto dai nostri avi e le future generazioni possano fare tesoro del nostro passato, ripercorrere e rivivere, quanto meno nella propria anima, le sofferenze e il dolore dei nostri antenati. E’auspicabile che le future generazioni possano guardare alle miserie e alle disgrazie degli altri popoli con sguardo più tenero e pietoso, e l’utopia di un mondo migliore non affondi nell’egoismo e nell’indifferenza che tentano di regnare sovrani in questo mondo che, nonostante tutto, anela alla pace e alla felicità”.
“In fondo, le “spartenze” di gente che spera in una vita migliore ci sono sempre state – aggiunge Lopes – Le migrazioni di persone, gruppi sociali e popoli esistono da sempre, perché è insito nella natura umana il desiderio di stare meglio, l’aspirazione alla felicità e al ben-essere, a una esistenza dignitosa. Oggi, con la facilità con cui ci si sposta, si può scegliere tranquillamente di andare a lavorare e abitare a Los Angeles oppure svernare a Dubai, ma lo spostamento, come afferma Papa Francesco, dovrebbe avvenire per scelta volontaria e non per necessità. Certo, la conoscenza delle sofferenze dei nostri avi, quando emigravano, dovrebbe aiutarci a guardare con più umanità tutti quelli che oggi, alla ricerca di una dignità negata, inseguono l’utopia di un nuovo mondo, ma trovano il Mediterraneo come tomba”
Questo contenuto è un comunicato stampa. Non è passato dal vaglio della redazione. Il responsabile della pubblicazione è esclusivamente il suo autore.
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