All’alba del nuovo anno scolastico, tagli al personale e riduzioni dei servizi mettono a rischio l’inclusione. Ma una sentenza stabilisce un principio chiaro: il diritto all’assistenza non si tocca.
Con la campanella che si prepara a suonare, la Sicilia si trova ad affrontare una questione che coinvolge migliaia di famiglie: come garantire il diritto allo studio e all’inclusione scolastica degli alunni con disabilità, in un contesto segnato da tagli e mancanze croniche di organico?
Una risposta, forte e chiara, arriva dal Tribunale civile di Marsala, che pochi giorni fa ha condannato il Comune per condotta discriminatoria nei confronti di circa 40 alunni con disabilità. A questi studenti era stato sospeso, nel gennaio scorso, il servizio Asacom — assistenza all’autonomia e alla comunicazione — per ragioni di bilancio. Una scelta che, secondo i giudici, ha violato la legge 104/1992 e la Costituzione, disattendendo il Piano Educativo Individualizzato (PEI) predisposto per ciascun alunno.
“Non può esserci selezione tra disabilità gravi e lievi. Il diritto allo studio va garantito a tutti, in base a quanto stabilito dal PEI, non dal bilancio di un Comune”, si legge nel dispositivo della sentenza.
La decisione non è isolata. In primavera, un altro pronunciamento dello stesso tribunale aveva stabilito che un minore con disabilità grave ha diritto ad almeno 18 ore settimanali di assistenza, con sanzioni economiche in caso di inadempienza.
Tagli in vista, ma i diritti non si tagliano
Eppure, mentre la giurisprudenza fa passi avanti, il quadro reale si fa più difficile. In Sicilia sono oltre 600 le cattedre tagliate, tra scuola dell’infanzia, primaria e secondaria. I posti di sostegno aggiuntivi sono stati solo 163: troppo pochi per coprire le richieste e garantire la continuità educativa.
Il risultato? In molte scuole il monte ore settimanale garantito per l’insegnamento di sostegno, specie per disabilità ritenute “lievi”, oscilla tra le 9 e le 11 ore, a fronte di un orario scolastico che supera le 30 ore settimanali. Un divario che rischia di lasciare bambini e ragazzi da soli, senza figure di riferimento che li aiutino nella comunicazione, nella socializzazione, nell’autonomia.
La scuola inclusiva non è facoltativa
L’articolo 3 della Costituzione, ai commi 1 e 3, parla chiaro: è compito della Repubblica rimuovere ogni ostacolo che impedisce la piena partecipazione alla vita sociale, economica e culturale. E il PEI, approvato dal Gruppo di Lavoro Operativo (GLO), è lo strumento chiave e vincolante che definisce i bisogni e le risorse necessarie per ogni studente con disabilità.
“Il PEI non è una dichiarazione d’intenti, è un atto pubblico e vincolante. Le ore stabilite dal GLO devono essere garantite. Nessuno può modificarle in autonomia”, sottolineano i legali delle famiglie che hanno ottenuto la condanna del Comune di Marsala.
Chi è pronto a garantire i diritti?
Di fronte a questo scenario, le domande si moltiplicano:
• Le famiglie sono informate e preparate a rivendicare i diritti dei figli?
• Le insegnanti curricolari e di sostegno, spesso sole e oberate, saranno supportate adeguatamente?
• I Comuni, le ASP, i servizi sociali hanno predisposto i fondi e il personale necessario per evitare nuovi contenziosi?
• I sindaci e i sindacati sono pronti a difendere il principio dell’inclusione come diritto e non come opzione?
Alcune risposte arrivano dalla società civile. In Sicilia, associazioni come ACA Sicilia sono in prima linea per monitorare la situazione e accompagnare le famiglie nella richiesta di rispetto dei PEI. Il sindacato Anief, da parte sua, ha lanciato la campagna “Sostegno, non un’ora di meno”, offrendo assistenza legale gratuita per le famiglie che vogliono presentare ricorso contro tagli o riduzioni arbitrarie.
La sentenza che “fa scuola”
La decisione del Tribunale di Marsala rappresenta un punto di svolta. Stabilisce un principio che può (e deve) “fare scuola” in tutta Italia: l’inclusione scolastica non è una voce di bilancio da limare, ma un diritto fondamentale da garantire, sempre.
Non si può parlare di scuola aperta, accogliente, democratica se una parte degli studenti viene lasciata indietro. La legge c’è. Le sentenze pure. Ora servono volontà politica, coordinamento amministrativo e una forte mobilitazione civile per far sì che, a settembre, tutti — davvero tutti — possano varcare quella soglia con pari dignità.
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