– I sindacati SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM – UIL e FIALS-CISAL, hanno scritto una lettera al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, al presidente della Regione Siciliana Renato Schifani, al sindaco di Palermo Roberto Lagalla e al sovrintendente del Teatro Massimo, Marco Betta, in merito alle future nomine della governance della Fondazione e al consecutivo riordino del comparto lirico.
“In merito ai recenti articoli pubblicati – spiegano Fabio Maggio della SLC-CGIL, Francesco Assisi della FISTEL-CISL, Giuseppe Tumminello della UILCOM-UIL e Antonio Barbagallo della FIALS-CISAL – aventi come oggetto le nomine della futura governance della Fondazione Teatro Massimo e più in generale il riordino del settore delle Fondazione lirico-sinfoniche, desiderano precisare che, il governo nazionale starebbe lavorando su di un imminente decreto legislativo sul nuovo codice dello spettacolo che accentrerebbe i poteri al ministero della Cultura tramite il controllo delle figure nominate da questi, in netta controtendenza con la rivoluzione costituzionale appena approvata dalle camere meglio conosciuta come autonomia differenziata. In tutto questo, nell’articolo in oggetto, non vi è traccia degli impegni presi da parte del mnistro subito dopo la sua nomina nel portare le Fondazioni lirico sinfoniche a 15, nell’istituire altri 2 corpi di ballo nazionali (magari rendendo un vero corpo di ballo quello palermitano), né delle 2 orchestre giovanili nazionali, naturalmente ampliando gli esigui finanziamenti per il settore. In questo scenario il rinnovo del CCNL firmato a fine 2023 continua ad essere fermo in qualche ufficio ministeriale senza che nessuno sappia dare tempi e risposte certe sull’esito di una contrattazione che, a giudicare dalle ricadute sui lavoratori e lavoratrice del settore, di certo non resterà negli annali come il più memorabile”. I sindacati hanno tenuto, inoltre, a sottolineare che, “nelle more del suddetto riordino del comparto lirico – precisano – l’attuale statuto della Fondazione Teatro Massimo, in accordo con la legge 367/1996 e successive modificazioni, prevede che il consiglio di indirizzo venga composto “dal presidente (il sindaco del comune nel quale ha sede la fondazione, o persona da lui nominata) e dai membri designati da ciascuno dei fondatori pubblici e dai soci privati che, anche in associazione fra loro, versino almeno il 5% del contributo erogato dallo Stato, solo successivamente il ministro della Cultura nominerà il sovrintendente su proposta del CdI. Pertanto, assistere al toto-nomine sovrintendente prima ancora che venga individuato l’organo preposto a questa funzione appare quantomeno inopportuno nei confronti dell’autonomia del CdI e, se a prestarsi a questo esercizio sono proprio quelle cariche istituzionali che dovrebbero vigilare sul rispetto della legge, tutto ciò appare davvero imbarazzante. Pur volendo fare un esercizio da realpolitik – spiegano ancora – seguendo le dinamiche che i partiti dell’attuale maggioranza stanno utilizzando per individuare non senza conflitti le figure della propria area alla guida della Fondazione, le OOSS non possono e non vogliono essere indicate come partigiane di eventuali cambi o riconferme di donne o uomini vicini a ministri, presidenti o sindaci. Semmai sarebbe utile parlare di investimenti, di progetti e di futuro, temi evidentemente sino ad oggi relegati ad un piano secondario rispetto a quelli appena esposti ma che invece dovrebbero essere alla base di qualunque considerazione. A tal proposito – precisano – lo scorso 12 giugno 2024, a ben tre mesi dalla richiesta d’incontro, le OOSS, la presidenza e la direzione della fondazione si sono riunite a Palazzo Palagonia per tracciare un percorso per tornare a mettere al centro della vita del Massimo di Palermo la Produzione (sia in termini qualitativi che quantitativi) e le proprie maestranze, il cui reddito è fermo da oltre 20 anni subendo tagli reali e inflattivi che hanno messo in grande difficoltà il loro bilancio familiare. Nonostante questi abbiano risanato i conti della Fondazione sia nel 2003 sia a partire dal 2014 (a causa di gestioni a dir poco allegre), ad oggi nessun riconoscimento di natura economica è stato reso strutturale a favore delle lavoratrici e dei lavoratori del Teatro Massimo. Inoltre, si era convenuto che bisognava avviare immediatamente la discussione della nuova dotazione organica che dovrebbe sostituire quella attuale, già scaduta e sicuramente inappropriata per le ambizioni condivise; dell’incontro del 12 giugno scorso si sarebbe dovuto sottoscrivere un protocollo d’intesa per impegnare le parti a raggiungere gli obiettivi sopra esposti ma, nonostante i vari solleciti, da Piazza Verdi si riscontrano silenzi e umori riflessi dagli articoli di giornale. Dopo aver chiarito i passaggi appena esposti, il Sindacato ed i dipendenti della Fondazione che questi rappresenta non intendono più procrastinare gli effetti degli impegni presi tra le le parti, ricordando che ad oggi lo stato d’agitazione indetto il 23 luglio del 2023, non è mai stato revocato dall’assemblea dei lavoratori. E’ bene che questo scenario sia ben chiaro a chiunque voglia essere nominato e/o confermato a vario titolo nella nuova governance della Fondazione Teatro Massimo di Palermo e che sia altrettanto chiaro che l’autunno prossimo venturo non vedrà le parti sociali spettatrici dell’immobilismo gestionale che sta caratterizzando la fase nella quale ci si sta trovando da sin troppo tempo. Pertanto, qualora gli impegni presi dalle parti venissero ancora una volta disattesi, al rientro dalle ferie di agosto, le organizzazioni sindacali si riservano di indire l’assemblea generale dei lavoratori per stabilire le iniziative di lotta da intraprendere”, concludono i sindacalisti.
Questo contenuto è un comunicato stampa. Non è passato dal vaglio della redazione. Il responsabile della pubblicazione è esclusivamente il suo autore.
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