Roma, 4 luglio 2023  Presa di posizione e proposta di Salvatore Grillo, economista, già parlamentare del PRI. Oggi presiede il Consiglio Nazionale di Unità Siciliana ed è tra i fondatori di Mezzogiorno Federato

“Unità Siciliana, movimento che già partecipando due anni addietro alla fondazione di Mezzogiorno Federato ha creato un precedente unico per i movimenti sicilianisti scegliendo di unificare la propria lotta con quella dell’intero Mezzogiorno,  ha deciso di riprendere il bandolo di una matassa che si sta ingarbugliando e colpisce le ragioni stesse del lavoro politico svolto negli ultimi anni. Intendo riferirmi al rallentamento evidente dell’impegno per costruire un soggetto politico capace di rappresentare l’intero Mezzogiorno italiano, unificandone la domanda per l’ottenimento di infrastrutture e servizi capaci di dare alle popolazioni del sud i medesimi punti di partenza rispetto a quelli del centro nord. La ricerca, quindi, di una crescita civile ed economica che consentirebbe all’intero Paese, grazie soprattutto alla ristrutturazione dei porti e della logistica, di svolgere nel Mediterraneo un ruolo da protagonista. 

Vero è che molti definirono questa come una operazione impossibile: mettere insieme le otto regioni del Mezzogiorno che inseguono otto diversi piani di sviluppo (fatto che plasticamente crea debolezza ed è anche comodo per gli interessi opposti), non è cosa semplice, ma  rimane indubitabile che riuscire ad unificare la domanda e la scelta comune di crescita e sviluppo delle regioni meridionali darebbe a questa lo spessore e la forza della rappresentanza di 20 milioni di cittadini e sarebbe una rivoluzione. Inoltre non si dovrebbero incontrare politicamente difficoltà perché tutti i meridionali sono portatori di problemi comuni e tutto il meridione è centrale rispetto alla scelta di guardare più al Mediterraneo e meno alle Alpi.

Quindi lo spazio politico c’è ed è vasto, supportato dal fatto che difficilmente si trova una famiglia meridionale che non subisca la separazione dai figli causa ricerca occupazione o che non sia costretta a ricorrere alla emigrazione sanitaria e scolastica per carenza di servizi adeguati o che non riscontri la impossibilità di sviluppare le proprie iniziative per assenza di infrastrutture. Ma nonostante questa apparente semplicità, il nostro lavoro si scontra con uno scenario italiano nel quale troviamo l’avversione “armata” dei media e degli opinion leader che economicamente sono gestiti da capitali legati alle ragioni del nord e si muovono “contro” ogni possibile rivoluzione. Tra l’altro è palese come nel Paese, da anni, vi sia presente la pressione politica ed economica delle 9 regioni settentrionali che si muovono all’unisono, sia quelle governate dal centro destra e dalla Lega, sia le due residuali governate dalla sinistra, tutte rocciosamente e comprensibilmente schierate per la difesa dell’esistente, onde garantirsi i flussi finanziari dello Stato (a sostegno di asili nido, sanità, scuola, alta velocità, aree produttive attrezzate, autostrade, ecc) ma soprattutto per difendere la scelta di mantenere, a qualunque costo, capitali pubblici quadrupli rispetto al Mezzogiorno. Ad ulteriore suggello è venuta fuori la richiesta di una autonomia differenziata che consenta alle regioni ricche di potere trattenere il maggior volume possibile di entrate fiscali per evitare che qualche impazzimento del Governo e del Parlamento possa pensare di accontentare la domanda economica del Mezzogiorno a favore dell’aumento dei servizi e delle infrastrutture (non si può mai sapere).

Nonostante questo sbarramento, la battaglia portata avanti negli ultimi anni ha raggiunto l’obiettivo di ampliare il dibattito tra “pezzi” importanti della società meridionale, rompendo molte divisioni territoriali ridicole, spesso create ad arte, contribuendo a creare un linguaggio comune e la crescita della consapevolezza di un Mezzogiorno capace di dare una grande spinta all’intero Paese, ma soprattutto capace di liberare il territorio dalle classi dirigenti ascare, corrotte e subalterne. 

Il terreno dove invece abbiamo fallito è stato il tentativo di trascinare i partiti nazionali, di tutti gli schieramenti, a mettere al centro dei loro programmi la domanda del Mezzogiorno: tutte le forze politiche scappano dal dramma sociale del Sud e al massimo lo pongono nelle prospettive teoriche, sfuggendo dalla declinazione delle scelte di fondo. Questa lampante constatazione ci ha portati ad aprire un confronto tra tutti i movimenti meridionalisti presenti, mentre emergeva evidente la scelta consequenziale di imboccare la strada per la costruzione di un partito del sud. Una scelta politica indispensabile per la trasformazione del Paese, per la realizzazione del dettato costituzionale e per il rafforzamento dell’unità.

Da qui la necessità della nascita di una forza politica nuova e diversa che faccia propria la domanda di 20 milioni di cittadini e di migliaia di aziende e scenda in campo per rendere cogente la situazione socio economica del Mezzogiorno. In effetti la questione meridionale non può più attendere e, se gli interessi del nord ritengono di non potere rinunciare al loro livello di servizi per consentire il funzionamento di ospedali e asili i nido nel sud o per rendere possibile che da Bari a Palermo si possa andar negli stessi tempi che si hanno per andare da Torino a Trieste, oppure non si vuole che i porti di Taranto, Bari, Napoli, Messina, Augusta e Palermo possano avere le stesse infrastrutture di quelli di Genova, La Spezia, Piombino, Marghera, Trieste, se tutto ciò è impossibile realizzarlo, occorre che vi sia un soggetto politico che lotti per cambiare le cose, un soggetto che i cittadini riconoscano come loro leale rappresentante e che sentano non utilizzi il paravento del meridionalismo per coprire interessi politici della sinistra o della destra, rinviando a dopo, come avviene nelle guerre di liberazione, lo scontro tra chi vuole maggiori libertà e  chi maggiori tutele. 

L’apertura della stagione degli incontri tra le varie associazioni e i movimenti che operano nel Mezzogiorno purtroppo negli ultimi mesi è degenerata nella ricerca di alleanze che consentano la presentazione di liste alle europee per superare lo sbarramento; questo sta creando non poche difficoltà, facendo emergere strategie di accordi che accantonano i temi di lotta nei quali può sentirsi rappresentato il cittadino meridionale, per divenire ricerche di sommatorie di consensi con provenienze diverse, il cui scopo sarebbe quello di eleggere un qualche rappresentante meridionalista nel parlamento europeo, obiettivo di scarso rilievo concreto, mentre l’unico fatto importante è la ricerca di un consenso vasto, maggioritario delle popolazioni meridionali, che possa dichiarare clamorosamente lo stato di emergenza e di crisi.

Rinviare a dopo le europee la formazione di un partito per il sud appare sempre più un ritorno al passato, una inutile perdita di tempo, mentre occorre parta subito il grido di lotta e di speranza che metta in campo una società meridionale pronta a ridiscutere i propri equilibri e le proprie rappresentanze e a proporre un nuovo sviluppo per l’intero Paese. Il dramma meridionale è figlio di interessi ostili che hanno trovato politiche serve, indifferentemente di destra e di sinistra; la sua rinascita può avere solo caratteristiche rivoluzionarie, lontane, quindi, da ogni mediazione.

Riprendere il cammino, quindi, per la costruzione di un partito per il sud, con un appuntamento a breve, magari a Napoli, per mettere in piedi una Costituente e lanciare il cuore oltre l’ostacolo “    

Salvatore Grillo

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