Lo smart working non è più soltanto una risposta emergenziale alla pandemia, ma un modello che sta ridisegnando in profondità il mercato del lavoro italiano. È quanto emerge da un’analisi della Banca d’Italia, che ha evidenziato come il lavoro agile abbia avuto effetti positivi sia sul tasso di attività sia sull’occupazione, con un incremento rispettivamente dello 0,9 e dello 0,7 per cento tra il 2019 e il 2022. Numeri che confermano la capacità di questa modalità di lavoro di ampliare le opportunità, riducendo le barriere legate a vincoli familiari o territoriali.
Secondo lo studio, a beneficiare maggiormente sono state le donne tra i 25 e i 49 anni, soprattutto nelle aree in cui i servizi per l’infanzia sono carenti. In questi contesti lo smart working ha rappresentato una leva fondamentale per conciliare vita privata e professionale, evitando abbandoni o rinunce forzate al lavoro. L’effetto inclusivo si è rivelato particolarmente evidente anche nel Mezzogiorno e nelle zone più periferiche, dove la partecipazione al mercato del lavoro resta storicamente più debole e dove l’invecchiamento demografico e la carenza di occupazione aggravano il quadro socio-economico.
La diffusione del lavoro agile ha dunque aperto nuove prospettive per categorie tradizionalmente svantaggiate, dimostrando di poter agire come correttivo alle rigidità strutturali del mercato del lavoro italiano. Non un semplice strumento organizzativo, ma un tassello capace di incidere sull’inclusione sociale ed economica.
La sfida ora è trasformare questa esperienza, nata dall’urgenza sanitaria, in un asset stabile. Ciò significa definire regole chiare, investire nei servizi di supporto alle famiglie e sviluppare competenze manageriali in grado di valorizzare modelli ibridi. Per Bankitalia, il futuro del lavoro passa anche da qui: uno smart working che non isola, ma connette e integra, rendendo il lavoro più accessibile a chi, per ragioni geografiche o familiari, era rimasto ai margini.






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