I giudici dell’appello della corte dei conti presieduta da Giuseppe Aloisio hanno condannato la dottoressa Teresa Piccolo a risarcire l’Asp di Messina della somma di 130 mila euro.

Secondo la procura, nel triennio 2013-2015 il medico ha ottenuto stipendi e rimborsi attività per un’attività che non avrebbe svolto. La dottoressa, specializzata in chirurgia infantile, secondo la convenzione con l’azienda sanitaria avrebbe dovuto garantire la presenza in diversi ambulatori della provincia di Messina per un numero prestabilito di ore settimanali.

I militari della guardia di finanza di Sant’Agata di Militello hanno accertato che il medico “attestava falsamente la sua presenza nei vari ambulatori, non effettuava le visite previste e, quando richiesta – si legge nella sentenza – giustificava la sua assenza dichiarando di essere impegnata presso alcuni Istituti scolastici della zona, per effettuare visite ambulatoriali agli alunni, nell’ambito di progetti di medicina preventiva”.

Sentiti i responsabili dei presidi hanno affermato di avere visto la dottoressa “soltanto sporadicamente”, mentre Giovanni Puglisi, direttore del Dipartimento di prevenzione dell’Asp di Messina, ha smentito che il chirurgo fosse impegnato in un progetto di Medicina preventiva.

I finanzieri avrebbero accertato anche la falsificazione dei fogli presenza. Alcuni militari si sono finti genitori e si sono presentati agli ambulatori 26 giugno e il 9 luglio. La dottoressa non c’era. Nei fogli presenza per quei giorni è stata trovata la firma.

Il danno quantificato dalla procura era di 190 mila euro che aveva disposto anche un sequestro preventivo di tre immobili e di un’auto e una moto. Secondo la difesa sarebbe stato affrettato sostenere che la dottoressa non era in servizio anche perché sono state consegnate le fatture dei Telepass per raggiungere le sedi degli ambulatori.

La donna il 21 dicembre del 2015 era stata vittima di un incidente molto grave, precipitando in un dirupo per poi finire nel fiume. “Incidente che la costringevano – si legge nella sentenza – ad un periodo di inabilità durato sei mesi”. Per i giudici “l’insieme delle prove raccolte denota una condotta che oltre la semplice negligenza, risultando – si legge nella sentenza – connotata dalla piena consapevolezza e volontarietà a violare gli obblighi derivanti dalla convenzione con l’Asp di Messina pur percependo regolarmente sia il compenso previsto che l’indennità chilometrica”.