Ci siamo quasi. Tra poco meno di cinque anni la popolazione globale di specie animali e vegetali potrebbe crollare del 67%.

Lo sostiene oggi il WWF che sottoliena quello che viene definito il peso insostenibile della mano dell’uomo sulla fauna selvatica. Questo, però, è solo uno dei numerosi segnali ‘negativi’che ci manda il Pianeta Terra, segnali raccolti dal WWF nel suo Living Planet Report, lanciato oggi in tutto il mondo con eventi speciali in tutti i continenti.

Tanto preoccupante è il fenomeno che, per la prima volta nella storia, l’impatto delle attività umane sui sistemi viventi del Pianeta è stato talmente forte da generare la ‘nascita’ di un nuovo periodo geologico nella storia della Terra: l’Antropocene. Il Report del WWF ne tratteggia lo stato indicando anche i cambiamenti più urgenti da attuare, a partire da una significativa rivoluzione nei sistemi alimentari e energetici. Secondo il rapporto le popolazioni globali di pesci, uccelli, mammiferi, anfibi e rettili si sono ridotte del 58 per cento tra il 1970 e il 2012, il dato disponibile più recente. Il declino subito dal mondo selvatico in appena mezzo secolo preannuncia un crollo imminente di almeno due terzi entro il 2020. In quell’anno, però, entreranno in funzione gli impegni assunti nel quadro dell’Accordo di Parigi sul clima.

Il mondo selvaggio sta scomparendo a un ritmo senza precedenti“, ha dichiarato Marco Lambertini, Direttore Generale di WWF Internazionale – “Non stiamo parlando solo delle specie meravigliose che tutti amiamo: la biodiversità rappresenta la base stessa del buono stato di salute delle foreste, dei fiumi e degli oceani. Senza le specie animali gli ecosistemi crolleranno e con loro i ‘servizi’ che la natura ci fornisce quotidianamente come la purificazione dell’aria, dell’acqua, il cibo e la difesa dai cambiamenti climatici. La buona notizia è che abbiamo gli strumenti per risolvere questo problema e dobbiamo usarli subito se vogliamo seriamente preservare un pianeta vivente che sostenga la nostra sopravvivenza e il nostro sviluppo“.

Un ambiente naturale ‘forte’, afferma il WWF, è la chiave per sconfiggere la povertà, migliorare la salute umana e garantire un futuro giusto e prospero. L’Italia, in particolare, deve provvedere, al più presto, alla realizzazione della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile in un maniera sinergica ed integrata con tutti gli organi di governo, in armonia con l’Agenda 2030.

LA ‘GRANDE ABBUFFATA’ DI RISORSE: PROVE ULTERIORI DELL’‘ANTROPOCENE’

Perdita di habitat, degrado e eccessivo sfruttamento della fauna selvatica sono le minacce principali per le specie individuate nel Report, tutte direttamente legate alle attività umane. I risultati del rapporto forniscono ulteriori prove che il Pianeta sta entrando in un territorio finora completamente inesplorato, in cui l’umanità sta trasformando letteralmente la Terra e andando verso una possibile sesta estinzione di massa. I ricercatori chiamano questo periodo Antropocene. Capire questo fenomeno ci permette di individuare soluzioni per il ripristino degli ecosistemi da cui dipendiamo. Secondo il Rapporto WWF, la produzione alimentare necessaria a soddisfare le complesse esigenze di una popolazione umana in espansione sta distruggendo gli habitat e sfruttando in modo insostenibile la fauna selvatica. Oggi l’agricoltura occupa circa un terzo della superficie totale della Terra e ‘rappresenta’ quasi il 70 per cento del consumo di acqua. Almeno 50 paesi hanno sofferto di scarsità d’acqua, oltre il 30% degli stock di pesce sono sovrasfruttati. Il Living Planet Report 2016 descrive alcune soluzioni in grado di trasformare i processi produttivi e il consumo di cibo per garantire cibo per tutti, ma in maniera sostenibile. Il rapporto si concentra anche sui cambiamenti fondamentali richiesti nei sistemi energetici e di finanza globale per soddisfare le esigenze di sostenibilità delle generazioni future.
OLTRE I LIMITI DEL PIANETA

Il Report è basato sulle ricerche più avanzate rispetto all’impatto delle attività umane sul nostro pianeta. Un esempio proviene dalle innovative ricerche dello Stockholm Resilience Centre (i cui scienziati hanno collaborato alla redazione del Report) il cui modello dimostra come l’umanità abbia superato quattro dei nove confini planetari – clima, integrità della biosfera, flussi biogeochimici di azoto e fosforo e cambiamenti nell’uso del suolo – andando oltre le soglie di sicurezza dei processi del sistema Terra che sono critici per la vita sul pianeta e per la vita umana. Nel Report il direttore del Centro Johan Rockström sottolinea la necessità di una transizione urgente verso un mondo che funzioni all’interno dei margini di sicurezza. Il rapporto aggiorna anche, come nelle precedenti edizioni, la ricerca dal Global Footprint Network sull’impronta ecologica dell’umanità : viviamo su un solo Pianeta ma stiamo utilizzando globalmente risorse che equivalgono a 1,6 pianeti in termini di beni e servizi utilizzati ogni anno.

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