Un padre, dipendente dai videogiochi, ha confessato di avere ucciso il figlio di 7 settimane in un momento di «rabbia» perché il pianto del piccolo lo avevano interroto mentre stava giocando alla PlayStation. È successo in Australia e ne dà notizia The Sun.

Ieri, venerdì 4 dicembre, il 23enne Joseph William McDonald si è dichiarato colpevole di omicidio durante un’udienza del processo. Il bambino, di nome Lucas, dichiarato morto il 28 ottobre scorso, aveva subito un grave trauma cranico nella sua casa  di Benalla quattro giorni prima.

L’uomo ha confessato di essersi scagliato contro il neonato perché le sue grida gli impedivano di concentrarsi su un videogioco. Il giorno dell’incidente la madre, Samantha Duckmanton, aveva sentito piangere Lucas con un tono molto acuto mentre si trovava in cucina. Quando la donna ha chiesto al marito se ci fosse qualcosa che non andava, l’uomo ha risposto che aveva semplicemente «fasciato» il bambino.

Lucas, però, ha cominciato a rifiutare il latte e, dopo non essere migliorato nella notte, è stato portato all’ospedale di Benalla da dove, poi,  è stato trasferito al Monash Children’s Hospital di Melbourne.

McDonald inizialmente ha mentito a Samantha e ai medici su ciò che era successo, sostenendo di avere spinto accidentalmente in modo forzuto la parte posteriore della testa del figlio, ritardando così la diagnosi da trauma da forza contundente. Gli esami successivi, però, hanno mostrato che le ferite di Lucas non potevano essere accidentali e così McDonald è fuggito dall’ospedale.

L’uomo si è consegnato poi alle forze dell’ordine che, intanto, avevano cominciato a cercarlo. Successivamente è stato scoperto che McDonald aveva cercato online come risolvere i problemi con la gestione della rabbia nelle settimane precedenti alla morte di Lucas. Aveva anche inviato messaggi alla compagna per dirle che era sia il «padre peggiore» che il «fidanzato peggiore».

Il legale dell’uomo ha affermato che si è trattato di un «atto di rabbia spontaneo» e si pensa che Lucas abbia sbattuto la testa mentre il padre lo scuoteva.