Una sentenza del Tribunale civile di Milano scuote il caso Tramontano: la cognata di Alessandro Impagnatiello è stata condannata per aver acquistato l’auto del killer, un tentativo per farlo sembrare nullatenente.

Il Tribunale civile di Milano ha emesso una sentenza significativa nel caso dell’omicidio di Giulia Tramontano, la giovane incinta di sette mesi uccisa il 27 maggio 2023 dal compagno Alessandro Impagnatiello. Laura Ciuladaite, cognata di Impagnatiello e moglie di suo fratello Omar, è stata condannata a risarcire i familiari della vittima con circa 25.000 euro, di cui 19.000 per il danno e 5.000 per le spese legali. La decisione, depositata l’11 agosto, ha stabilito che la vendita dell’auto usata per trasportare il corpo di Giulia, una Volkswagen T-Roc, è stata un’operazione mirata a ridurre il patrimonio di Impagnatiello, rendendolo apparentemente nullatenente per evitare i risarcimenti dovuti alla famiglia Tramontano.

Il delitto

Giulia Tramontano, 29 anni, è stata brutalmente assassinata nella sua casa di Senago, nel Milanese, con 37 coltellate inflitte da Impagnatiello, che è stato condannato all’ergastolo sia in primo che in secondo grado per l’omicidio pluriaggravato, l’interruzione non consensuale di gravidanza e l’occultamento di cadavere. La giovane, incinta del figlio Thiago, aveva scoperto la doppia vita del compagno, che intratteneva una relazione parallela. Questo elemento è stato determinante nel movente del delitto, come confermato dalle indagini. Il corpo di Giulia è stato ritrovato il 1° giugno 2023 in un’intercapedine di alcuni garage vicino all’abitazione, dopo essere stato trasportato nella T-Roc di Impagnatiello.

La vendita dell’auto: un tentativo di elusione

Due mesi dopo il delitto, nell’agosto 2023, Impagnatiello, già in carcere, ha conferito al fratello Omar, attraverso un notaio, una procura speciale per gestire i suoi beni, inclusi i conti correnti e l’auto. Quest’ultima è stata venduta alla cognata Laura Ciuladaite per 10.000 euro, una cifra significativamente inferiore al valore di mercato. Secondo il giudice Francesco Pipicelli, la compravendita aveva l’esclusivo fine di sottrarre il predetto bene alle ragioni creditorie dei familiari di Giulia Tramontano, riducendo il patrimonio disponibile per i risarcimenti. Il tribunale ha sottolineato che i familiari di Impagnatiello erano “ben consapevoli” delle implicazioni risarcitorie e che “in famiglia si condividono notizie, preoccupazioni, scopi e sentimenti”. La vendita è stata dunque dichiarata nulla, con la condanna della cognata al risarcimento.

L’importanza simbolica dell’auto

L’auto al centro della vicenda non era un semplice bene materiale. Come spiegato dall’avvocato Giovanni Cacciapuoti, legale della famiglia Tramontano, “alla famiglia di Giulia ciò che interessava era che questa macchina, sulla quale era stato nascosto e trasportato il corpo, non circolasse più liberamente, dato che non era stata sequestrata dalla Procura”. La Procura di Milano, infatti, aveva disposto solo il sequestro del pianale posteriore, dove erano state rinvenute tracce di sangue, lasciando l’auto libera di circolare. La famiglia, rappresentata anche dall’avvocato Rosario Santella, ha intentato un’azione civile per la revocatoria della vendita, con la prima udienza discussa nel novembre 2024, mentre si chiudeva il processo penale di primo grado. L’obiettivo era chiaro: impedire che un mezzo così strettamente legato al delitto potesse essere utilizzato senza restrizioni.

Un furto sospetto

Un ulteriore elemento di ambiguità riguarda la sorte dell’auto. Nell’ottobre 2024, la cognata e il fratello di Impagnatiello hanno denunciato il furto della Volkswagen T-Roc. Tuttavia, la compagnia assicurativa ha rifiutato di risarcire il danno, rilevando “elementi contraddittori e anomali” nella dinamica denunciata. Questo rifiuto ha rafforzato i sospetti sulla veridicità della denuncia, consolidando la tesi del tribunale che la vendita fosse un’operazione strategica per proteggere il patrimonio di Impagnatiello. Attualmente, dell’auto non vi è più traccia, ma la sentenza ha comunque riconosciuto il danno subito dai familiari di Giulia.