Durante una riunione d’emergenza che si è tenuta venerdì scorso, 21 febbraio, a Pechino, il leader cinese Xi Jinping ha parlato della necessità di contenere il coronavirus e di istituire un sistema per prevenire simili epidemie in futuro.
Come riportato dal New York Post, stando alle parole di Xi, un sistema nazionale per il controllo dei rischi per la biosicurezza deve messere in atto «per proteggere la salute delle persone» perché la sicurezza dei laboratori è una questione di «sicurezza nazionale».
Ora, il presidente cinese non ha ammesso esplicitamente che il coronavirus sia ‘fuggito’ da uno dei laboratori di ricerca biologica del Paese. Tuttavia, il giorno successivo, sono emerse nuove prove che – secondo quanto riportato dal magazine statunitense – suggeriscono che questo è esattamente ciò che è accaduto perché il Ministero cinese della Scienza e della Tecnologia ha pubblicato una nuova direttiva intitolata: Istruzioni sul rafforzamento della gestione della biosicurezza nei laboratori di microbiologia che gestiscono virus avanzati come il nuovo coronavirus.
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In pratica, scrive il giornalista Steven W. Mosher, sembra che la Cina abbia un problema a mantenere gli agenti patogeni pericolosi nelle proprie provette. E quanti laboratori di microbiologia ci sono in Cina che gestiscono «virus avanzati come il nuovo coronavirus»? Ebbene, a quanto pare ne esiste solo uno e si trova proprio a Wuhan, l’epicentro dell’epidemia. Si tratta dell’unico laboratorio di microbiologia di livello 4 della Cina che è attrezzato per gestire i coronavirus mortali, chiamato National Biosafety Laboratory e che fa parte del Wuhan Institute of Virology.
E non finisce qui: perché il massimo esperto di guerra biologica dell’esercito di liberazione popolare, il maggiore gen. Chen Wei, è stato inviato a Wuhan alla fine di gennaio per contribuire allo sforzo di contenere l’epidemia.
Il giornalista statunitense ha poi ricordato una pratica comune dei ricercatori cinesi: vendere gli animali da laboratorio agli ambulanti dopo avere finito gli esperimenti. Infatti, anziché smaltire correttamente gli animali infetti mediante la cremazione, come richiesto dalla legge, vengono venduti per così avere un guadagno extra. Ad esempio, un ricercatore di Pechino, che ora si trova in prigione, ha guadagnato un milione di dollari vendendo le sue scimmie e i suoi topi nel mercato degli animali, finiti di certo nello stomaco di qualcuno, sempre secondo il New York Post.
Tutto molto inquietante, no?
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