I primi 3 casi di contaminazione da SARS-COV-2 in Francia risalgono al 24 gennaio: una coppia di 30enni cinesi provenienti da Wuhan, la città – focolaio dell’epidemia, e un residente di Bordeaux, ritornato da un viaggio in Cina.

Tuttavia, il professor Yves Cohen, capo del servizio di rianimazione degli ospedali di Avicenne e di Jean-Verdier a Seine-Saint-Denis, a Parigi, ha dichiarato domenica scorsa, 3 maggio, che un caso positivo risale addirittura al 27 dicembre, ovvero 4 giorni prima dalla comunicazione della Cina all’OMS sull’esistenza della malattia.

«Abbiamo messo in evidenza tutti i dati dei pazienti ricoverati in terapia intensiva a Jean-Verdier e ad Avicenne dal 2 dicembre al 16 gennaio con una polmonite», ha spiegato il medico. Questi test sono stati condotti per rilevare possibili contagi da influenza o da altri coronavirus ma non dalla causa della pandemia, perché allora non era ancora nota. Poi, alla luce dell’epidemia, i campioni, che erano stati congelati, sono stati testati per il nuovo coronavirus: «Dei 14 pazienti, uno è risultato positivo», ha affermato il dott. Cohen.

Si tratta di un uomo di 42 anni, testato il 27 dicembre, secondo uno studio pubblicato sull’International Journal of Antimicrobial Agents. Pertanto, questa sarebbe la prova che il «COVID-19 si stava già diffondendo in Francia alla fine di dicembre 2019, un mese prima dei primi casi ufficiali».

Secondo il professor Cohen, l’ipotesi sarebbe che l’uomo sia stato contagiato dalla moglie, asintomatica, impiegata nel reparto del pesce di un supermercato «accanto al chiosco di sushi con persone di origine asiatica».

In attesa della convalida dei test, l’OMS ha definito «non sorprendente» la scoperta e ha esortato i Paesi a indagare altri casi sospetti che ci possono essere stati in precedenza. Quanto scoperto «offre una visione completamente nuova di tutto», ha affermato il portavoce dell’Oms, Christian Lindmeier, spiegando che «i risultati aiutano a comprendere meglio la potenziale circolazione del virus di Covid-19».

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