L’aula di una scuola “può accogliere” la presenza del Crocifisso quando la comunità scolastica interessata “valuti e decida in autonomia di esporlo”, eventualmente “accompagnandolo con i simboli di altre confessioni presenti nella classe” e in ogni caso ricercando un “ragionevole accomodamento tra eventuali posizioni difformi”.

Lo hanno sancito le sezioni unite civili della Cassazione con una sentenza depositata oggi, giovedì 9 settembre, la numero 24414, pubblicata oggipronunciandosi sulla questione dell’affissione del Crocifisso nelle aule scolastiche.

La Suprema Corte si è pronunciata nell’ambito del ricorso presentato da un docente che era stato sanzionato in via disciplinare perché “invocando la libertà di insegnamento e di coscienza in materia religiosa”, aveva “sistematicamente rimosso il simbolo prima di iniziare la lezione, ricollocandolo al suo posto solo al termine della stessa”, non ottemperando quindi alla circolare disposta dal dirigente scolastico, dopo espressa richiesta degli studenti, di mantenere sempre esposto in aula il Crocifisso.

Per i giudici – che hanno annullato la sanzione al docente ritenendo “illegittimo” l’ordine di affissione del Crocifisso disposto dal preside con la sua circolare – non va riconosciuto alcun risarcimento, come invece invocato dal professore: non si è ritenuto – ha spiegato la Corte – che sia stata “condizionata o compressa” la “sua libertà di espressione e di insegnamento“, proprio perché l’esposizione del Crocifisso non è un “atto discriminatorio”.

Nel dettaglio, “l’affissione del crocifisso – al quale si legano, in un Paese come l’Italia, l’esperienza vissuta di una comunità e la tradizione culturale di un popolo – non costituisce un atto di discriminazione del docente dissenziente per causa di religione”.